Bel pezzo tratto da "Repubblica".
E' un po' come prendersi in casa un figlio adottivo già grandicello, ci vogliono tanta tanta pazienza, disponibilità e apertura mentale.
Nelle ultime settimane oltre un migliaio di famiglie italiane ha dato la disponibilità a ospitare profughi ucraini. A Roma è stato istituito un albo delle famiglie accoglienti per mettere in contatto l’offerta e la domanda di alloggi. A Milano e in altre città varie convivenze sono iniziate. È un flusso continuo di candidature, “un fenomeno che non ha precedenti» secondo Refugees Welcome Italia, associazione che dal 2015 promuove l’accoglienza in famiglia dei rifugiati. La vicinanza della catastrofe umanitaria, l’affinità con un popolo in cui è più facile specchiarsi, l’emotività innescata da una tragedia così vicina da poterla toccare, hanno generato una spirale solidale e solerte, sconosciuta ad altri conflitti e ad altre emergenze.
Negli ultimi sette giorni i profughi ucraini, soprattutto donne e bambini, sono più che raddoppiati a quasi 45.000. Aumenteranno ancora e ancora se non si fermerà la guerra.
Com’è accogliere un rifugiato in casa propria? Me lo hanno chiesto negli ultimi giorni una ex compagna di liceo, la maestra di yoga, un collega che non mi aveva mai rivolto la parola, un insegnante dei miei figli. Me lo hanno chiesto su Instagram e su Facebook persone che non ho mai incontrato. Sono stati travolti da uno slancio generoso, istintivo e un po’ incosciente. L’ho riconosciuto subito perché somiglia terribilmente a quello che travolse me, circa un anno fa.
Eravamo tutti - mio marito, mia madre, i miei figli e io - appena riemersi da un Covid feroce che aveva fatto scricchiolare le nostre certezze. Ci sentivamo molto fortunati: nonostante tutto la vita era stata magnanima con noi. Ritenni opportuno restituirle un po’ di quella generosità. Dopo una riunione familiare plenaria, decidemmo ai voti che avremmo accolto un rifugiato a casa nostra.
E così è stato. Lui è rimasto con noi otto mesi. In quel tempo c’è stato spazio per conoscersi, per non capirsi, per avvicinarsi, per esasperarsi, per imparare, per polemizzare, per volersi bene e per detestarsi, per insegnarsi parole nuove, per scoprirsi, per aiutarsi, per scontrarsi, per chiedersi “dove stiamo sbagliando?”, per sentirsi grandi e falliti nell’arco dello stesso pomeriggio. In quegli otto mesi in cui abbiamo dato il meglio e il peggio di noi, ho capito alcune cose.
L’accoglienza non è la figurina romantica che serbiamo nel nostro immaginario epico. Non è adesione. Non è nemmeno accettazione dell’altro. È un atto politico alto, una convinzione profonda, un credo laico che deve restare candido anche quando la quotidianità ci travolge, la prossimità ci irrita, la convivenza ci insudicia.
L’accoglienza è un fatto drammatico, nel senso antico di azione, del farsi della vita.
Perché non accogliamo la fotografia del profugo, l’idea algida del bisogno.
Accogliamo esseri umani sofferenti che, prima che profughi, sono persone in carne, ossa, paure, nevrosi, luci e abissi. Non diventeranno necessariamente nostri amici, forse non parleranno la nostra lingua o altre lingue familiari, avranno abitudini diverse, magari non ci capiranno e noi non capiremo loro. Ci osserveranno con occhi nuovi e ci inchioderanno alla nostra inadeguatezza. Non dobbiamo proiettare su di loro nulla se non la nostra ospitalità, senza giudizio e senza attese. L’accoglienza lascia spazio all’identità altrui, anche quando l’altro non ci somiglia ed è diverso da come l’avevamo sognato.
Com’è accogliere un rifugiato a casa propria?
È un gesto grande che richiede preparazione e spalle larghe. È un meraviglioso azzardo, un salto nel buio generoso che ha bisogno tuttavia di consapevolezza.
Se è figlia dell’emotività, l’accoglienza può fare male a chi la riceve e a chi la offre. E nessuno deve farsi male, almeno a casa nostra.
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Accogliere profughi a casa nostra?
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Re: Accogliere profughi a casa nostra?
Concordo soprattutto con l’ultima frase. Ci vuole estrema consapevolezza e spalle larghe. Conoscendomi non credo ne sarei capace. Massimo apprezzamento per chi si è messo a disposizione.
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Re: Accogliere profughi a casa nostra?
Io invece ho una grande capacità di sopportazione, putroppo sono gli altri che non ce l'hanno!