Che macron e la sua politica fossero distanti anni luce dalle mie idee l’ho palesato fin da subito.
Ora sembra che anche i francesi si siano resi conto di come qualcosa non andasse.
Il primo presidente in carico a non esser confermato dal voto.
Certo, dall’altra parte c’è la sinistra ma pure la destra fascista che ha festeggiato come fosse Natale il numero record di seggi conquistati.
Da un certo punto di vista niente di nuovo: se non ci fossero stati i mojito del Papete chissà dove saremmo (e dove saremo tra non molto)
Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
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Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
Quaestio subtilissima, utrum Chimera in vacuo bombinans possit comedere secundus intentiones, et fuit debatuta per decem hebdomadas in concilio Constantiensi
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Re: Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
Votazioni per l'elezione dell'Assemblea nazionale.
Macron presidente azzoppato.
A legger i nostri giornali, i francesi hanno votato male, votando troppo la Le Pen e Melenchon.
Ancora tre giorni fa, qualcuno sul Corriere si dichiarava sicuro (forse in base ai sondaggi) che alla fine il partito di Macron avrebbe avuto i 289 seggi necessari per governare con tranquillità.
È la democrazia, bisognerebbe ricordare ai nostri commentatori, per cui ormai la democrazia è solo più quella "sovrana" .
"Se sei contro la UE non puoi fare il ministro, se ti piace la Russia non puoi fare il giornalista, se hai dei dubbi sulla strategia pandemica ti sospendono dall’ ordine dei medici. Cioè ogni opinione è legittima (siamo in democrazia, no?). Ma solo entro un circuito prestabilito. "
Ma poi arrivano le elezioni.
Se gli elettori votano "male" , il tuo progetto non piace o non li hai convinti della sua bontà.
Esiste il voto "giusto" o il voto "sbagliato"?
Non lo so, ma a forza di essere convinti della bontà del proprio progetto, si finisce per essere accecati e si perde l'empatia verso gli elettori, che restano a casa o votano altro.
Non si può continuare a dire " non votate quelli perché sono cattivi", bisogna dimostrare di essere migliori.
Attenzione al 2023 in Italia.
Macron presidente azzoppato.
A legger i nostri giornali, i francesi hanno votato male, votando troppo la Le Pen e Melenchon.
Ancora tre giorni fa, qualcuno sul Corriere si dichiarava sicuro (forse in base ai sondaggi) che alla fine il partito di Macron avrebbe avuto i 289 seggi necessari per governare con tranquillità.
È la democrazia, bisognerebbe ricordare ai nostri commentatori, per cui ormai la democrazia è solo più quella "sovrana" .
"Se sei contro la UE non puoi fare il ministro, se ti piace la Russia non puoi fare il giornalista, se hai dei dubbi sulla strategia pandemica ti sospendono dall’ ordine dei medici. Cioè ogni opinione è legittima (siamo in democrazia, no?). Ma solo entro un circuito prestabilito. "
Ma poi arrivano le elezioni.
Se gli elettori votano "male" , il tuo progetto non piace o non li hai convinti della sua bontà.
Esiste il voto "giusto" o il voto "sbagliato"?
Non lo so, ma a forza di essere convinti della bontà del proprio progetto, si finisce per essere accecati e si perde l'empatia verso gli elettori, che restano a casa o votano altro.
Non si può continuare a dire " non votate quelli perché sono cattivi", bisogna dimostrare di essere migliori.
Attenzione al 2023 in Italia.
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Re: Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
L'Europa trema per Macron: il suo indebolimento, è un indebolimento del progetto europeo.
Una volta, specie nel Sud America, un premier era bravo o cattivo a seconda che fosse filoamericano o comunista.
Beh, una volta: l'America, quella di Biden, è inquieta per l'elezione del primo presidente socialista in Colombia.
L'Ucraina insegna che l'America rispetto la sovranità di ogni Paese, sopratutto quando la sua politica estera va d'accordo con la propria.
Per fortuna in Europa è diverso.
Da noi un governante è bravo o "pericoloso" a seconda se è europeista, nella attuala accezione o non si riconosce nell'Europa: così si giudicano i governi altrui.
La richiesta, sul fronte interno, è condita con altri ingredienti.
Ad esempio da noi, sul fronte interno si chiede sempre "stabilità": ce lo chiedono i mercati, ce lo chiede l'Europa oppure c'è il Covid oppure c'è la guerra oppure c'è il semestre di presidenza di turno europea oppure la definizione della manovra finanziaria, oppure la ripresa da consolidare.
Ma tutto questo, quanto è giusto che interessi all'elettore?
In mezzo agli articoli dei commentatori preoccupati per l'indebolimento di Macron, compare questa intervista a Ségolène Royal: una socialista e bisogna aver fegato, anche in Francia, per fare ancora politica sotto la bandiera socialista, partito un po' fuori moda anche lì.
Alcuni stralci.
«Quando si detiene per troppo tempo un potere eccessivo si diventa sordi e ciechi. Macron per cinque anni ha esercitato un potere totale. Conquistato secondo le regole e tramite elezioni democratiche, ci mancherebbe, ma questo sistema ha mostrato tutte le sue mancanze. Negando a Macron la maggioranza assoluta, i francesi hanno sacrificato un po’ di governabilità per avere più democrazia. E io penso che sia un bene»
Ritorno del Parlamento?
«Lo spero. È sbagliato dare tutti i poteri a una persona solo per non doversi preoccupare di cercare compromessi e alleanze. La politica è anche questo, mediazione, ricerca di intese»
Perché dice che Macron era diventato sordo e cieco?
«Basta guardare chi ha nominato come primo ministro: Elisabeth Borne, che era la ministra dei Trasporti all’origine della carbon tax che fece scoppiare la rivolta dei gilet gialli. La Francia è stata scossa da una protesta enorme, lei si rifiutava di ritirare quella tassa ingiusta, e comunque adesso è diventata premier. Significa che Macron ha perso il contatto con il Paese, troppo potere fa male».
Queste elezioni sono una svolta?
«Penso di sì, perché al di là della maggioranza che verrà trovata i francesi hanno chiarito che non ne possono più di decisioni tecnocratiche. Vogliono una politica più umanista, pensata per le generazioni future. Più ecologia, più tutela dei servizi pubblici, che sono il patrimonio di chi non ne ha».
Oltre ai tanti seggi della Nupes di Mélenchon e alla erosione della coalizione governativa, l’altro elemento è l’ingresso in massa dei deputati lepenisti.
«E anche qui Macron ha una responsabilità. Prima, alle presidenziali, ha chiesto i voti dell’estrema sinistra per fare sbarramento contro Marine Le Pen e conquistare l’Eliseo. Poi, alle legislative, temendo che Mélenchon avanzasse troppo, ha equiparato estrema sinistra e estrema destra. Così ha legittimato i lepenisti, che infatti hanno ottenuto un grande successo».
Mia nota. Il tutto, in ossequio al dividi et impera, un pilastro della politica, assieme all'altro: "chi non puoi convincere, compralo".
Una volta, specie nel Sud America, un premier era bravo o cattivo a seconda che fosse filoamericano o comunista.
Beh, una volta: l'America, quella di Biden, è inquieta per l'elezione del primo presidente socialista in Colombia.
L'Ucraina insegna che l'America rispetto la sovranità di ogni Paese, sopratutto quando la sua politica estera va d'accordo con la propria.
Per fortuna in Europa è diverso.
Da noi un governante è bravo o "pericoloso" a seconda se è europeista, nella attuala accezione o non si riconosce nell'Europa: così si giudicano i governi altrui.
La richiesta, sul fronte interno, è condita con altri ingredienti.
Ad esempio da noi, sul fronte interno si chiede sempre "stabilità": ce lo chiedono i mercati, ce lo chiede l'Europa oppure c'è il Covid oppure c'è la guerra oppure c'è il semestre di presidenza di turno europea oppure la definizione della manovra finanziaria, oppure la ripresa da consolidare.
Ma tutto questo, quanto è giusto che interessi all'elettore?
In mezzo agli articoli dei commentatori preoccupati per l'indebolimento di Macron, compare questa intervista a Ségolène Royal: una socialista e bisogna aver fegato, anche in Francia, per fare ancora politica sotto la bandiera socialista, partito un po' fuori moda anche lì.
Alcuni stralci.
«Quando si detiene per troppo tempo un potere eccessivo si diventa sordi e ciechi. Macron per cinque anni ha esercitato un potere totale. Conquistato secondo le regole e tramite elezioni democratiche, ci mancherebbe, ma questo sistema ha mostrato tutte le sue mancanze. Negando a Macron la maggioranza assoluta, i francesi hanno sacrificato un po’ di governabilità per avere più democrazia. E io penso che sia un bene»
Ritorno del Parlamento?
«Lo spero. È sbagliato dare tutti i poteri a una persona solo per non doversi preoccupare di cercare compromessi e alleanze. La politica è anche questo, mediazione, ricerca di intese»
Perché dice che Macron era diventato sordo e cieco?
«Basta guardare chi ha nominato come primo ministro: Elisabeth Borne, che era la ministra dei Trasporti all’origine della carbon tax che fece scoppiare la rivolta dei gilet gialli. La Francia è stata scossa da una protesta enorme, lei si rifiutava di ritirare quella tassa ingiusta, e comunque adesso è diventata premier. Significa che Macron ha perso il contatto con il Paese, troppo potere fa male».
Queste elezioni sono una svolta?
«Penso di sì, perché al di là della maggioranza che verrà trovata i francesi hanno chiarito che non ne possono più di decisioni tecnocratiche. Vogliono una politica più umanista, pensata per le generazioni future. Più ecologia, più tutela dei servizi pubblici, che sono il patrimonio di chi non ne ha».
Oltre ai tanti seggi della Nupes di Mélenchon e alla erosione della coalizione governativa, l’altro elemento è l’ingresso in massa dei deputati lepenisti.
«E anche qui Macron ha una responsabilità. Prima, alle presidenziali, ha chiesto i voti dell’estrema sinistra per fare sbarramento contro Marine Le Pen e conquistare l’Eliseo. Poi, alle legislative, temendo che Mélenchon avanzasse troppo, ha equiparato estrema sinistra e estrema destra. Così ha legittimato i lepenisti, che infatti hanno ottenuto un grande successo».
Mia nota. Il tutto, in ossequio al dividi et impera, un pilastro della politica, assieme all'altro: "chi non puoi convincere, compralo".
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Re: Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
Trovo una contraddizione di non poco conto nelle argomentazione della Segolene:finestraweb ha scritto: ↑21 giu 2022, 11:25 L'Europa trema per Macron: il suo indebolimento, è un indebolimento del progetto europeo.
Una volta, specie nel Sud America, un premier era bravo o cattivo a seconda che fosse filoamericano o comunista.
Beh, una volta: l'America, quella di Biden, è inquieta per l'elezione del primo presidente socialista in Colombia.
L'Ucraina insegna che l'America rispetto la sovranità di ogni Paese, sopratutto quando la sua politica estera va d'accordo con la propria.
Per fortuna in Europa è diverso.
Da noi un governante è bravo o "pericoloso" a seconda se è europeista, nella attuala accezione o non si riconosce nell'Europa: così si giudicano i governi altrui.
La richiesta, sul fronte interno, è condita con altri ingredienti.
Ad esempio da noi, sul fronte interno si chiede sempre "stabilità": ce lo chiedono i mercati, ce lo chiede l'Europa oppure c'è il Covid oppure c'è la guerra oppure c'è il semestre di presidenza di turno europea oppure la definizione della manovra finanziaria, oppure la ripresa da consolidare.
Ma tutto questo, quanto è giusto che interessi all'elettore?
In mezzo agli articoli dei commentatori preoccupati per l'indebolimento di Macron, compare questa intervista a Ségolène Royal: una socialista e bisogna aver fegato, anche in Francia, per fare ancora politica sotto la bandiera socialista, partito un po' fuori moda anche lì.
Alcuni stralci.
«Quando si detiene per troppo tempo un potere eccessivo si diventa sordi e ciechi. Macron per cinque anni ha esercitato un potere totale. Conquistato secondo le regole e tramite elezioni democratiche, ci mancherebbe, ma questo sistema ha mostrato tutte le sue mancanze. Negando a Macron la maggioranza assoluta, i francesi hanno sacrificato un po’ di governabilità per avere più democrazia. E io penso che sia un bene»
Ritorno del Parlamento?
«Lo spero. È sbagliato dare tutti i poteri a una persona solo per non doversi preoccupare di cercare compromessi e alleanze. La politica è anche questo, mediazione, ricerca di intese»
Perché dice che Macron era diventato sordo e cieco?
«Basta guardare chi ha nominato come primo ministro: Elisabeth Borne, che era la ministra dei Trasporti all’origine della carbon tax che fece scoppiare la rivolta dei gilet gialli. La Francia è stata scossa da una protesta enorme, lei si rifiutava di ritirare quella tassa ingiusta, e comunque adesso è diventata premier. Significa che Macron ha perso il contatto con il Paese, troppo potere fa male».
Queste elezioni sono una svolta?
«Penso di sì, perché al di là della maggioranza che verrà trovata i francesi hanno chiarito che non ne possono più di decisioni tecnocratiche. Vogliono una politica più umanista, pensata per le generazioni future. Più ecologia, più tutela dei servizi pubblici, che sono il patrimonio di chi non ne ha».
Oltre ai tanti seggi della Nupes di Mélenchon e alla erosione della coalizione governativa, l’altro elemento è l’ingresso in massa dei deputati lepenisti.
«E anche qui Macron ha una responsabilità. Prima, alle presidenziali, ha chiesto i voti dell’estrema sinistra per fare sbarramento contro Marine Le Pen e conquistare l’Eliseo. Poi, alle legislative, temendo che Mélenchon avanzasse troppo, ha equiparato estrema sinistra e estrema destra. Così ha legittimato i lepenisti, che infatti hanno ottenuto un grande successo».
Mia nota. Il tutto, in ossequio al dividi et impera, un pilastro della politica, assieme all'altro: "chi non puoi convincere, compralo".
(1) Elisabeth Borne, che era la ministra dei Trasporti all’origine della carbon tax che fece scoppiare la rivolta dei gilet gialli. La Francia è stata scossa da una protesta enorme, lei si rifiutava di ritirare quella tassa ingiusta
(2) i francesi cogliono una politica più umanista, pensata per le generazioni future. Più ecologia, più tutela dei servizi pubblici.
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Re: Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
A me pare di ricordare che ci fu una polemica sui costi della transizione ecologica, che secondo la sinistra francese deve essere finanziata "dai più ricchi" .
Il contrario di ciò che fece Macron.
Credo che la Segolene alludesse a quello.
Poi, che di ecologia se ne parli spesso a vuoto o senza saperne i costi, è un'altra discorso e siamo d'accordo.
Il contrario di ciò che fece Macron.
Credo che la Segolene alludesse a quello.
Poi, che di ecologia se ne parli spesso a vuoto o senza saperne i costi, è un'altra discorso e siamo d'accordo.
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Re: Elezioni in Francia 2022, Macron contro Le Pen
Letto sulla newsletter del Corriere.
A parte la nenia sull'Europa che apre le porte all'Ucraina (le porte dell'Europa sono aperte a tutti, basta che soddisfino alcuni requisiti essenziali), il resto è abbastanza condivisibile ed applicabile anche all'Italia.
«Emmanuel Macron ha giocato con il fuoco e si è ritrovato con un enorme incendio all’Eliseo. A meno di due mesi dalla sua rielezione alla guida della Francia, si ritrova senza maggioranza assoluta, di fronte a un’Assemblea nazionale che ha il merito, almeno, di simboleggiare le enormi fratture del Paese con una domanda fondamentale e angosciante: come e con chi governare la Francia?». Le Soir, il principale quotidiano belga, sintetizza così le inquietudini della Comunità europea. La sconfitta ridimensiona il campo d’azione di Macron. La Francia che si sveglia ingovernabile è anche l’unica potenza nucleare dell’Unione. «E ci si chiede ovviamente come la Francia si posizionerà nelle grandi crisi attuali (la guerra in Ucraina, il piano di rilancio economico, la crisi ambientale) con un’Assemblea così divisa e probabilmente mai così antieuropea ».
L’Europa solidale con l’Ucraina, l’Europa che apre le porte a Kiev, l’Europa che si impegna nell’allargamento della Nato e nella difesa europea non aveva certo bisogno di una leadership azzoppata. Se il voto francese è clamoroso, la tendenza potrebbe farsi largo anche in altri Paesi europei. Basti osservare in Italia le fibrillazioni nella maggioranza, la crisi dei 5Stelle, il successo di Fratelli d’Italia alle amministrative. In Germania, il cancelliere Scholz cala nei sondaggi. « Macron - scrive Le Point - ha goduto di un pregiudizio favorevole in tutto il continente fin dalla sua campagna del 2017 sotto i colori della bandiera blu con dodici stelle d’oro. Oggi non è più che un “pensionato di belle speranze”, come lo ha crudamente descritto il principale quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung nell’edizione del 19 giugno. Nel momento in cui, con l’Ucraina, si ripropone la questione dell’allargamento dell’Unione - e quindi anche la necessità imperativa di approfondirla - Emmanuel Macron sta perdendo l’occasione di raccogliere la fiaccola della leadership europea, disponibile dopo la partenza di Angela Merkel a dicembre».
«Una Francia in stallo - scrive ancora Le Point - sta diventando un macigno intorno al collo dell’Europa, tanto più che anche l’altra metà del tradizionale motore europeo, la Germania, sta singhiozzando da quando il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha preso il timone». Sembra dunque che i populismi di varia natura abbiano rialzato la testa sull’onda dell’inflazione galoppante, delle bollette alle stelle e dell’imminente crisi energica - problematiche peraltro messe sul conto della guerra in Ucraina. La pandemia, il Recovery Fund, la grande e compatta reazione dell’Europa grazie alla leadership di Macron e della Merkel avevano messo i populismi nell’angolo e ridato vigore a un’idea di Europa unita, solidale, protettrice. Oggi non è più così e anche la compattezza delle opinioni pubbliche europee nel sostenere le ragioni dell’Ucraina, l’allargamento della Nato e l’incremento delle spese militari sembra affievolirsi.
Qualcuno potrebbe ritenere che si stia avverando la profezia di Putin sull’imminente crisi delle leadership europee infilatesi nel vicolo infernale della guerra e della sudditanza agli Usa. Ma la crisi delle leadership europee e, più in generale, delle classi dirigenti nei Paesi democratici viene da lontano e non aspettava conferme dal Cremlino. Nel ricco Nord come nel Sud impoverito, sono cresciuti negli anni movimenti con storie e anime diverse (estremismo di diverso colore, localismo, nazionalismo, sovranismo) e un unico denominatore: rigetto dell’Europa, delle classi dirigenti, dei partiti tradizionali, del faticoso e talvolta incomprensibile funzionamento della democrazia. In Francia, l’astensione ha superato il 50 per cento, con punte del 70 per cento fra i giovani. Nessun Paese è immune.
La destabilizzazione globale della finanza, la moltiplicazione dei conflitti, le tensioni religiose, le ondate migratorie hanno come effetto l’impoverimento delle classi medie, l’aumento della tensione sociale, la crisi identitaria dei popoli, il ripiegamento su un’idea di nazione. Dei movimenti populisti, conosciamo cause ed effetti, oltre alla capacità - spesso cinica - di cavalcare bisogni anche condivisibili, di fare come quei galli che cantano per un sole che non sorge mai. Ma stentiamo a individuare gli antidoti e a costruire politiche che potrebbero spegnere il fenomeno, anziché nutrirlo. Sembra invece che lo sport nazionale delle élite e della stampa politicamente corretta sia quello di stigmatizzarlo, disprezzarlo come prodotto di sottocultura e ignoranza.
Ma non è detto che siano tutti voti espressi con la pancia e con i piedi. Il voto francese, per quanto contraddittorio, è anche il voto di un profondo disagio sociale. «Peccato di orgoglio», ha scritto La Tribune de Genève. La rielezione di Macron non lo aveva esentato dall’offrire prospettive a un Paese stordito dalla perdita del potere d’acquisto e dalla paura di una svolta liberale. La stagnazione non è inevitabile. Lo “shock democratico” di domenica potrebbe essere salutare». Tucidite e Platone consideravano la demagogia la malattia mortale della democrazia, ma demagogia e populismo non sono sinonimi. Problematiche che interessano vasti strati di popolazione, non dovrebbero rientrare in una definizione sprezzante ed elitaria. Non sono populismo le domanda di pace e sicurezza, il bisogno di partecipazione alle scelte nazionali ed europee, di giustizia sociale e fiscale, di rispetto delle tradizioni e della cultura nazionale. Non è sempre populismo la valutazione critica dei propri interessi di cittadini rispetto a un ideale europeo intermittente e oggi rispolverato con l’elmetto e le insegne della Nato. Altrimenti si potrebbe concludere che anche Papa Francesco sia populista. Come ha scritto il politologo Claus Offe, il populismo ha consenso, ma non saprebbe governare; le classi politiche e la tecnocrazia governano senza consenso. Il che non produce buona politica e non è nemmeno molto democratico.
A parte la nenia sull'Europa che apre le porte all'Ucraina (le porte dell'Europa sono aperte a tutti, basta che soddisfino alcuni requisiti essenziali), il resto è abbastanza condivisibile ed applicabile anche all'Italia.
«Emmanuel Macron ha giocato con il fuoco e si è ritrovato con un enorme incendio all’Eliseo. A meno di due mesi dalla sua rielezione alla guida della Francia, si ritrova senza maggioranza assoluta, di fronte a un’Assemblea nazionale che ha il merito, almeno, di simboleggiare le enormi fratture del Paese con una domanda fondamentale e angosciante: come e con chi governare la Francia?». Le Soir, il principale quotidiano belga, sintetizza così le inquietudini della Comunità europea. La sconfitta ridimensiona il campo d’azione di Macron. La Francia che si sveglia ingovernabile è anche l’unica potenza nucleare dell’Unione. «E ci si chiede ovviamente come la Francia si posizionerà nelle grandi crisi attuali (la guerra in Ucraina, il piano di rilancio economico, la crisi ambientale) con un’Assemblea così divisa e probabilmente mai così antieuropea ».
L’Europa solidale con l’Ucraina, l’Europa che apre le porte a Kiev, l’Europa che si impegna nell’allargamento della Nato e nella difesa europea non aveva certo bisogno di una leadership azzoppata. Se il voto francese è clamoroso, la tendenza potrebbe farsi largo anche in altri Paesi europei. Basti osservare in Italia le fibrillazioni nella maggioranza, la crisi dei 5Stelle, il successo di Fratelli d’Italia alle amministrative. In Germania, il cancelliere Scholz cala nei sondaggi. « Macron - scrive Le Point - ha goduto di un pregiudizio favorevole in tutto il continente fin dalla sua campagna del 2017 sotto i colori della bandiera blu con dodici stelle d’oro. Oggi non è più che un “pensionato di belle speranze”, come lo ha crudamente descritto il principale quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung nell’edizione del 19 giugno. Nel momento in cui, con l’Ucraina, si ripropone la questione dell’allargamento dell’Unione - e quindi anche la necessità imperativa di approfondirla - Emmanuel Macron sta perdendo l’occasione di raccogliere la fiaccola della leadership europea, disponibile dopo la partenza di Angela Merkel a dicembre».
«Una Francia in stallo - scrive ancora Le Point - sta diventando un macigno intorno al collo dell’Europa, tanto più che anche l’altra metà del tradizionale motore europeo, la Germania, sta singhiozzando da quando il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha preso il timone». Sembra dunque che i populismi di varia natura abbiano rialzato la testa sull’onda dell’inflazione galoppante, delle bollette alle stelle e dell’imminente crisi energica - problematiche peraltro messe sul conto della guerra in Ucraina. La pandemia, il Recovery Fund, la grande e compatta reazione dell’Europa grazie alla leadership di Macron e della Merkel avevano messo i populismi nell’angolo e ridato vigore a un’idea di Europa unita, solidale, protettrice. Oggi non è più così e anche la compattezza delle opinioni pubbliche europee nel sostenere le ragioni dell’Ucraina, l’allargamento della Nato e l’incremento delle spese militari sembra affievolirsi.
Qualcuno potrebbe ritenere che si stia avverando la profezia di Putin sull’imminente crisi delle leadership europee infilatesi nel vicolo infernale della guerra e della sudditanza agli Usa. Ma la crisi delle leadership europee e, più in generale, delle classi dirigenti nei Paesi democratici viene da lontano e non aspettava conferme dal Cremlino. Nel ricco Nord come nel Sud impoverito, sono cresciuti negli anni movimenti con storie e anime diverse (estremismo di diverso colore, localismo, nazionalismo, sovranismo) e un unico denominatore: rigetto dell’Europa, delle classi dirigenti, dei partiti tradizionali, del faticoso e talvolta incomprensibile funzionamento della democrazia. In Francia, l’astensione ha superato il 50 per cento, con punte del 70 per cento fra i giovani. Nessun Paese è immune.
La destabilizzazione globale della finanza, la moltiplicazione dei conflitti, le tensioni religiose, le ondate migratorie hanno come effetto l’impoverimento delle classi medie, l’aumento della tensione sociale, la crisi identitaria dei popoli, il ripiegamento su un’idea di nazione. Dei movimenti populisti, conosciamo cause ed effetti, oltre alla capacità - spesso cinica - di cavalcare bisogni anche condivisibili, di fare come quei galli che cantano per un sole che non sorge mai. Ma stentiamo a individuare gli antidoti e a costruire politiche che potrebbero spegnere il fenomeno, anziché nutrirlo. Sembra invece che lo sport nazionale delle élite e della stampa politicamente corretta sia quello di stigmatizzarlo, disprezzarlo come prodotto di sottocultura e ignoranza.
Ma non è detto che siano tutti voti espressi con la pancia e con i piedi. Il voto francese, per quanto contraddittorio, è anche il voto di un profondo disagio sociale. «Peccato di orgoglio», ha scritto La Tribune de Genève. La rielezione di Macron non lo aveva esentato dall’offrire prospettive a un Paese stordito dalla perdita del potere d’acquisto e dalla paura di una svolta liberale. La stagnazione non è inevitabile. Lo “shock democratico” di domenica potrebbe essere salutare». Tucidite e Platone consideravano la demagogia la malattia mortale della democrazia, ma demagogia e populismo non sono sinonimi. Problematiche che interessano vasti strati di popolazione, non dovrebbero rientrare in una definizione sprezzante ed elitaria. Non sono populismo le domanda di pace e sicurezza, il bisogno di partecipazione alle scelte nazionali ed europee, di giustizia sociale e fiscale, di rispetto delle tradizioni e della cultura nazionale. Non è sempre populismo la valutazione critica dei propri interessi di cittadini rispetto a un ideale europeo intermittente e oggi rispolverato con l’elmetto e le insegne della Nato. Altrimenti si potrebbe concludere che anche Papa Francesco sia populista. Come ha scritto il politologo Claus Offe, il populismo ha consenso, ma non saprebbe governare; le classi politiche e la tecnocrazia governano senza consenso. Il che non produce buona politica e non è nemmeno molto democratico.