Se posso: tra il riscaldamento climatico e le alluvioni c'è conseguenza di causa, ma l'effetto non è sempre diretto.
C'è stato un alluvione, ed anziché parlare di urbanistica, si parla di riscaldamento climatico e, come ultimamente va di moda, mediaticamente si trova qualcuno su cui puntare il dito: a mio giudizio palesemente per distrarre.
Estremizzando, come quando durante il Covid si puntava il dito contro i runner: per colpa loro la pandemia non finiva.
Che ci sia una estremizzazione degli effetti meteo secondo me è innegabile: è il riscaldamento climatico.
Ma usarlo come unico alibi, è troppo comodo: l'urbanizzazione deve tenerne conto.
Tombiamo i fiumi, poi ci sono precipitazioni eccezionali, il fiume si riprende i suoi spazi e diamo la colpa al riscaldamento climatico ed invochiamo la transizione energetica come panacea del male: dovremmo anche invocare un'urbanistica diversa.
Perché la "cura" (che potrebbe anche essere proteggere i polmoni verdi, ma così non fai business) darà effetti tra decenni.
È il solito modo italico: c'è un terremoto, case rase al suolo. Colpa "del terremoto".
Però si scopre che la sabbia era del mare, anziché di cava perché dal mare costava meno, ed il ferro, arrugginito dalla salinità della sabbia anche poco.
E poi vedi che ci sono nazioni dove ci sono terremoti anche più forti, ma le case restano in piedi lo stesso.
A Faenza ci sono state due alluvioni in un mese.
A Genova l'alluvione del 2011 ha colpito dove aveva colpito l'alluvione del 1970.
"Colpa" di piogge eccezionali, ma non solo.