Peccato che sono diventato pigro e mi muovo solo per raccogliere cani disperati e streghe sdentate (cioè quelle che non si possono permettere una dentiera).
Certo che se ci fosse stato, in contemporanea, un raduno di simil-umani abbandonati mi sarei mosso.
Firenze è una città che mi sta nell'anima. Per tre estati, tra il 1968 e il 1970, ogni volta che partivo in autostop vi facevo sempre tappa per almeno due settimane, lo stesso quando tornavo dopo mesi di giri a casaccio per l'Europa (dove andava chi mi caricava io andavo, partivo sempre per l'idea di arrivare a Londra ma puntualmente capitavo sempre da un altra parte. A Londra ci sono arrivato soltanto moltissimi anni dopo).
A Firenze mi sono fatto il mio primo spinello, che poi non era uno spinello ma un una normale sigaretta svuotata del tabacco e riempita di nuovo con tabacco hashish. La mitica del "cannone" era lontana da venire, però si discuteva di marocchino, libanese, pakistano. L'immigrazione non c'entrava niente.
Quel primo spinello me lo offrì un ragazzo inglese, ero riuscito a pagargli un piatto di spaghetti. Contraccambiò con quello che aveva. Fatto è che dopo pochi minuti mi venne di andare in bagno. Ce n'era uno pubblico tra Ponte Vecchio e Piazza della Signoria. Non ricordo se era alla turca o avesse la tazza. Ricordo solo che sotto sforzo vedevo nuvolette come quelle dei fumetti, nuvolette con disegnati cuscini di velluto blu, rossi, gialli, con sopra gioielli bellissimi. Nuvolette e cuscini, uno dopo l'altro, come una catena di salsicciotti, e infatti i cuscini e i gioielli ad un certo punto divennero una sequenza infinita di salsicce, come nei cartoni di Walt Disney. Solo che ora sembravano uscire non più dalla mia mente ma dal bucio del c...
In fin dei conti ero andato al bagno pubblico perché sentivo lo stimolo a "evacuare".
Le nuvolette salsicciotte premevano. Premevano sempre di più. Spingevano sempre di più, sempre di più, sempre di più,... e nessuno mi impediva di farle uscire. Ma non uscivano
Non so quanto durò ma giunse il momento, salvifico e miracoloso, in cui uno dice a se stesso "adesso faccio una cagata pazzesca!".
Neanche il tempo di pensarlo. Neanche il tempo di un ultimo rinvio. Nemmeno un istante per dirmi " ora me la godo proprio".
Ebbi l'irresistibile impulso di alzarmi in piedi.
Ma non fu come potrebbe sembrare. Non cagai in piedi. La spinta aveva cambiato direzione: dal basso si era diretta verso l'alto.
Eh! l'alto e il basso. Quanto c'ho riflettuto nei decenni successivi. Piero Camporesi lo lessi solo dieci anni dopo.
Vomitai. A spruzzo. Tutti gli spaghetti. Tutto il sugo, con tutto il parmigiano.
E le nuvolette sparirono.
A questo punto ci starebbe l'augurio per una buona cena e buone bevuto, ma...
Io non bevo alcolici. A Firenze mi ritrovai con un sigaro e un fiasco di Chianti, quelli rivestiti di paglia. Masticavo e inghiottivo a pezzi il sigaro, ubriaco di vino. L'ubriaco ero io, non il sigaro. Del resto allora io non fumavo.
E, mi dispiace dirvelo, non vorrei guastarvi l'appetito, anche quella volta vomitai.
Per tutti gli angoli della piazza del Duomo. Più volte. Ne contai sei. Il resto non lo ricordo.
A Firenze ho conosciuto Chrstine, rivisto Johanna, conosciuto le Due Vichinghe.
Christine era di Vienna. Aveva diciotto anni, io non avevo ancora compiuto i sedici.
Aveva la pelle liscia, si dice come una pesca, le tette perfette, un viso perfetto, un culo perfetto, ma era ancora vergine e non mi fece trombare.
Purtroppo. Ma c'era sempre il bicchiere mezzo pieno. In questo caso il pieno era tutto il resto.
Lei era sulla via del ritorno. Viaggiava con un ragazzo, inglese anche lui. Lo lasciò su due piedi. Eppure io non ero neanche troppo bello. C'avevo pure l'acne e gli occhiali scuri alla John Lennon. Nell'unica foto che ho di quegli anni sembravo il cieco di Sorrento.
Non sarò stato bello ma avevo un tascapane,una coperta, una chitarra.
Quando si dice il fascino del disperato.
Con Chrstine andammo prima a Roma e poi ripartimmo per Vienna dove rimasi dalla mattina alla sera. Lei era andata casa e io l'aspettavo da qualche parte, non ho memoria del dove. Mi fermò la polizia. L'ennesimo foglio di via. I capelloni non erano amati. Ero minorenne e il giorno prima c'era stata l'invasione della Cecoslovacchia.
Mi misero su un treno. Al confine italiano trovai un passaggio fino a Rimini.
Alla sera, stanco, stremato, affamato e, soprattutto con il magone (Christine ,... Christine....) andai a dormire sulla spiaggia.
L'avessi mai fatto! arrivò la polizia. Foglio di via. Sadici si divertirono a farmi credere che mi avrebbero tagliato i capelli. Io ci credetti, lo si leggeva sui giornali. Feci il duro. Resistetti indifferente. Non mi fecero nulla ( però non mi diedero da mangiare. In Svizzera invece il trattamento era molto migliore: cella pulitissima e pasto caldo, ma... è un altra storia (allucinante)).
A Firenze conobbi le Due Vichinghe. Alte alte, bionde bionde, bone bone, una decina di anni più dei miei pochi anni. Le Due viaggiavano insieme, dormivano insieme, in un sacco a pelo a due piazze. Io non avevo nemmeno l'idea che esistesse il sacco a pelo a due piazze e tanto meno avevo l'idea che esistessero due così bone.
Mi fecero dormire nel loro sacco, in mezzo a loro. Quel giorno qualche disgraziato aveva rubato tutte le mie cose, erano parcheggiate alla base del campanile accanto al Duomo. Un temporale improvviso mi aveva fatto cercare riparo altrove. Quando tornai non trovai più nulla, mi era rimasta solo la chitarra, l'unica cosa che avevo portato con me per ripararla dalla pioggia.
Un pulcino bagnato e le Due, materne-materne, mi portarono a dormire con loro. Mi diedero da mangiare e poi mi scaldarono.
Quella notte per loro deve essere stato un mezzo incubo. Io non sapevo bene cosa dovevo fare. pensavo però che qualcosa dovevo pur fare.
E cosa feci?
Prima mi giravo verso una e la baciavo sul collo, dopo di che mi giravo verso l'altra e baciavo sul collo anche lei. Le due, prima l' una e poi l'altra, cercavano di staccarmi delicatamente, dolcemente. Proprio come si fa con un pulcino.
Ma io ripartivo alla carica, Sono sempre stato uno che non si scoraggia facilmente.
Andò avanti per un pò. Iniziavo a perdere la speranza. Non mi facevano allungare le mani più di tanto. Delicate e dolci. Pulcino pulcino.
Ad un certo parlarono tra di loro, nella loro lingua. Non potei capire cosa si dissero, ma si dissero poche parole. Smisero di parlare e mi diedero una mano. Una la destra e l'altra la sinistra. Insieme.
E Johanna? ve la racconto un altra volta, troppo lungo questo post. Vi dirò solo che era di New York e diceva "put in, put in,..." ma io facevo fatica...
Ok, a questo punto è come se fossi venuto a Firenze anch'io. Son storie che vi avrei raccontato a voce
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Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme.
(Charles Bukowski)