Io lo considero un transizionale, nel vero senso del termine, Per molti sono transizionali quegli orologi in cui sul quadrante non è riportato alcun "made".
In realtà il concetto di transizione è molto più complesso e anche il caso dell'orologeria russa si presta molto bene a descriverlo.
Ci sono periodi, epoche, più o meno lunghi in cui i cambiamenti sono nell'aria. In altre parole, c'è transizione quando qualcosa sta cambiando, quando il presente non è più come il passato ma è ancora diverso dal futuro che verrà.
In questo senso nel caso dell'orologeria russa si può considerare di transizione il periodo che va dal 1988 a quasi tutti gli anni '90. In questi casi le date sono solo una comodità, tanto per porre dei paletti.
Secondo questo modo di vedere le cose si può considerare transizionale gran parte della produzione del periodo finale dell'URSS, per intenderci quella delle tante declinazioni dei quadranti komandirskie, Raketa,ecc.
Era il periodo in cui proliferavano gli accordi commerciali con partner occidentali, spesso delle proprio joint.venture di cui ho parlato spesso in passato.
Ma non solo. Con Gorbaciov erano state introdotte le prime forme di liberalizzazione del mercato e le fabbriche di orologi, almeno alcune, furono tra le prime ad approfittare delle nuove opportunità.
Ovviamente è transizionale, non poteva essere altrimenti, la produzione del post-1991. Negli anni '90 vediamo la riproposizione di quanto già esisteva accompagnata ad una proliferazione delle tematiche dei quadranti.
Nel frattempo alcune fabbriche, soprattutto Poljot, cercano di innovarsi e di riposizionarsi spostandosi sempre più verso l'opulenza e il lusso.
Ma torniamo alla cassa. E' un classico esempio di quanto detto. Dopo anni e anni di casse sempre uguali (nel caso dei simil-militari) ecco che si prova a introdurre qualcosa di nuovo. Che poi ci piaccia o meno, che siano riuscite bene o no, è un altro discorso.
E qui si dovrebbe affrontare un altro discorso di cui anche questa cassa è una spia: il cosi detto periodo transizionale non fu altro che il canto del cigno di una industria che non seppe veramente rinnovarsi. Se vogliamo possiamo anche dire, con il senno di poi, che fu un destino inevitabile.
Un canto del cigno perché, grazie anche alle tante co-partecipazioni straniere, vennero prodotte tante belle cose, una grande varietà di orologi, che aveva però un grosso limite: consolidare e perpetuare quell' immaginario di "orologeria russa" che si era andato creando a fine anni '80.
In Russia i russi volevano altro, quindi grossa crisi delle fabbriche che ebbero però delle grosse boccate d'ossigeno dai mercati occidentali i quali, come detto, volevano "l'orologio russo".
Il risultato fu da una parte una sopravvivenza "drogata", dall'altra i tentativi di porsi in fasce di mercato già occupate, una guerra già persa in partenza
A questo punto, e soltanto a questo punto
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OK, a questo punto le idee sono più confuse? Ottimo, era quello che speravo!
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