Cane ha scritto: 1 mar 2021, 19:47
Ammazza come siamo avanti a Cecina...
Sto leggendo un libro di un mio conoscente cecinese che ha scritto la storia di Cecina...
Il 19 gennaio del 1902 una folla numerosa insceno' una manifestazione anticlericale e pro-divorzio!
Anche la mia famiglia vanta tradizioni molto progressiste!
E' un documento postato su facebook, copio il testo.
Premessa. San Gregorio è il paese di origine di mio padre, Domenicantonio era un suo zio e Giovanni suo padre (mio nonno).
Prove di parità di genere, finite male, nella Confraternita di S. Gregorio
4 febbraio 1900
Da parecchio tempo in seno alla Confraternita dell’Immacolata Concezione di S. Gregorio, tenimento di Paganica, erano sorti malumori, perché una parte di essa, la maggioranza, voleva adire alla proposta fatta dal Priore, e cioè che le femmine ascritte al sodalizio potessero usufruire dei locali per far le loro preghiere in comune.
Priore della Confraternita era Domenicantonio Cinque, e fra gli oppositori si annoveravano i Paiola Camillo e Domenico, Petrocco Angelosante, Paiola Gregorio e altri.
Già dal primo Febbraio il Petrocco Angelosante, in compagnia dei Paiola Domenico e Camillo avea fatto premure ai fratelli Amedeo e Berardo Petrocco perché votassero contro la proposta del Priore, concludendo il suo dire colle seguenti minacciose parole: “In un modo o nell’altro vinceremo, e se non riusciamo colle votazioni adopreremo il coltello”, ed il giorno susseguente, nell’adunanza della confraternita, si opponeva alla proposta del Cinque Domenicantonio dicendo: “le femmone non ce le voglio e cella vedemo”.
Che più? Lo stesso giorno, nell’osteria condotta da Pasqua Petrocco, i Paiola Domenico e Camillo, e Petrocco Angelosante, pronunciarono parole, le quali lasciavano intravedere il triste loro proposito di menare le mani.
Ed ora veniamo al lugubre dramma che si svolse la sera delli 4 Febbraio 1900.
Nella foto i luoghi dove si sono svolti i fatti narrati.
Nel pomeriggio dello stesso giorno Giovanni Cinque, nipote di Domenicantonio Cinque, accompagnato da varie femmine, voleva farle entrare nei locali della Confraternita e poiché l’uscio era chiuso a chiave, aveva tentato di aprirlo a forza.
Questa fu la scintilla che infiammò gli animi, già eccitati dei Paiola e del Petrocco, i quali, alla sera circa alle ore 6, mentre i fratelli Domenicantonio e Ferdinando Cinque, il loro nipote Giovanni Cinque, Cecala Berardino, la moglie di quest’ultimo, e la moglie del Cinque Domenicantonio, riconducevano a casa la sorella dei Cinque per nome Anna, si fecero loro innanzi ed il Paiola Camillo urtò fortemente in una spalla il Cinque Giovanni.
Alle rimostranze del Domenicantonio Cinque che la strada era molto larga da passar scosto a tutti e che era sconveniente insultare la gente che accedeva pei fatti suoi, i sunnominati fecero atto di aggredire la comitiva, il Camillo Paiola raccogliendo dei sassi, il Domenico Paiola estraendo una rivoltella ed il Petrocco Angelosante ponendosi una mano in tasca in atto di estrarre un’arma e tutti insieme gridando: “P…. Madonna, che dobbiamo fare?”.
S’interpose il Cecala Berardino, e così la comitiva poté proseguire il suo cammino ed entrare in casa dell’Anna Cinque.
Però quando poco dopo riuscirono, nello stesso luogo, e cioè lungo la via del Forno, s’imbatterono nuovamente nei Paiola Camillo e Domenico, e Petrocco Angelosante, i quali, senza pronunciar parola si fecero sopra al Ferdinando Cinque. A prestar loro man forte sopraggiunse, di corsa, anche il Paiola Gregorio.
Tutti erano armati, il Petrocco di coltello, il Camillo Paiola di rasoio, il Domenico Paiola di rivoltella, ed il Paiola Gregorio di un arma da taglio non ben identificata.
Il Ferdinando Cinque riportò una ferita di rasoio al volto e al petto per opera di Paiola Camillo, ed una ferita di coltello all’addome per opera di Petrocco Gregorio, la prima delle quali produsse malattia ed incapacità al lavoro per giorni 122, lasciando tre cicatrici, due delle quali portano sfregio permanente del viso, e la terza descritta, quella dell’addome, guaribile pure nel letto di 170 giorni lasciando permanente l’indebolimento di un organo.
Il Domenicantonio Cinque ad evitare la strage del fratello estratto di tasca il coltello feriva replicatamente tanto il Paiola Domenico che il Paiola Gregorio, producendo al primo lesioni guaribili in giorni 8, ed al secondo 4 lesioni che produssero malattia ed incapacità al lavoro per giorni 25, ed una delle quali lasciava sfregio permanente del volto.
Il Paiola Domenico, che come si è detto, era armato di rivoltella tentò più volte di esplodere l’arma contro i fratelli Cinque, ma benché più volte il cane colpisse le capsule queste non produssero l’esplosione, come egli stesso poco dopo dichiarava ai suoi parenti.
Però alla ridda rimasero estranei il Giovanni Cinque, ed il Cecala Berardino, il primo dei quali esplose un colpo di rivoltella contro il Paiola Gregorio, senza però ferirlo, mentre il secondo, armato di grosso bastone era trattenuto dalla moglie e dai figli.
Nel Processo che ne seguì il tribunale emise le seguenti condanne:
· Paiola Domenico di Venanzio di anni 25, fu condannato in contumacia a 17 anni e 6 mesi di reclusione.
· Petrocco Angelosante di Cesidio di anni 22, fu condannato a 10 anni di reclusione.
· Paiola Camillo di Salvatore di anni 25, fu condannato a 2 anni e 10 mesi di reclusione.