Che si cucina stasera?
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Re: Che si cucina stasera?
Apro una parentesi in questo thread, parlando di vino, partendo da una premessa: non me ne intendo di vini e nemmeno di orologi.
Non posso dire di "apprezzare il vino": mi interessa conoscerlo per "cultura e conoscenza".
Sarà un'idea romanzata, ma ci sono zona che coltivano la vite e fanno il vino da secoli: conoscere il loro vino è un modo per conoscere le zone stesse e materia di dialogo con chi le abita.
In fatto di vino ho le mie preferenze, ma questa è secondario.
Conclusa la premessa, ho avuto modo in questi giorni di festa di chiacchierare un po' con una persona da più di 10 anni attiva nel commercio al dettaglio del vino: doveva essere una chiacchierata disinteressata, ma sappiamo che c'è chi, per indole, non smette mai di lavorare.
Sicuramente il suo mestiere oggi non è facile, perché deve fronteggiare la grande distribuzione, per cui deve sempre cercare e proporre vini alternativi.
Riporto alcune affermazioni che ha fatto:
1) in Italia il mercato è tradizionalista ed è attaccato alla "purezza".
Qui cioè il vino deve provenire dalla stessa uva, le miscele non sono apprezzate, sono sinonimo di vino economico.
Questo secondo lui è un grosso peccato, perché in questo modo il pubblico si preclude dei vini che sono molto buoni.
Unendo le sapidità di uve diverse, si ottiene un prodotto "migliore" di quello ottenibile dalla singola uva: mischiando si possono colmare le lacune legate alla singola uva, è insomma possibile ottenere il meglio delle diverse uve.
Questo discorso l'ha legato ad esempio molto alla Francia, dove sono "più avanti di noi" su questo fronte.
L'innalzamento climatico ha fatto aumentare la bontà di uve provenienti da zone che hanno beneficiato assai di queste ultime estati più calde: sono produzioni piccole, si tratta di regioni che non hanno vini "di pregio" propri (docg, se dico correttamente).
La conseguenza di tutto questo è che in Italia si consumano gli stessi tipi di viti, mentre in Francia c'è più varietà.
A rifletterci:
a) certamente, per chi può vantare una "purezza" di valore, la difende e la valorizza. Chi non può vantarla, cerca altre strade.
b) forse il "bello" del vino, è farlo buono senza troppi maneggi.
Un vino buono ottenuto da uve diverse, è un po' come un meca-quarz.
Il vino è il vino, non è una bevanda al gusto di vino.
c) che io sappia, l'innalzamento climatico, ha aumentato la bontà delle uve dalle viti che non hanno patito la siccità (ad esempio, perché non sulla collina, ma in basso, cioè più vicine alla falda).
2) in Italia c'è l'attacamento al tappo di sughero.
Ormai ci sono materiali sintetici che offrono caratteristiche superiori eppure sono associati a vini "economici"
All'estero il vino con il tappo a vite non scandalizza
3) il discorso che veramente più mi ha stonato: legare la bontà di un vino, al suo prezzo.
4) i vini rossi non vanno più bene per i gusti di oggi, perché la gente vuole vini leggeri: a cena in due devi poterti finire la bottiglia.
5) non ha parlato, perché poco interessato, dei consorzi, che da discorsi sentiti da altri parenti, non ho ben capito se sono strumenti di sviluppo del prodotto (come dovrebbero essere) o strumenti di spartizione.
Qualche anno fa, il presidente del consorzio del moscato ebbe problemi perché accusato di aver favorito la propria cantina.
Non mi ricordo se ho dimenticato qualcosa... ma è abbastanza per me per vedere assonanze tra il settore del vino e quello degli orologi.
Anche tra gli appassionati di orologi ci sono i "modernisti", quelli che ti esaltano l'anello di tenuta del movimento in plastica, anziché in metallo, perché assorbe meglio i colpi.
O quelli che ti giustificano (ed esaltano), nel movimento famoso e noto, la presenza di pezzi in plastica per fronteggiare i rischi del "magnetismo".
La plastica nell'anello di tenuta porterà anche benefici in caso di colpi alla cassa, ma quella è la giustificazione che ne è stata data all'adozione: in realtà è stata adottata perché costa meno del metallo.
Se non hai accesso a viti "di pregio", ti metti a fare "le miscele" e "boicotti" la "purezza", perché non ce l'hai o perché comunque, la purezza è un costo.
Anche negli orologi: conoscerne il valore è difficile, ma conoscerne il prezzo è facilissimo.
Conta molto anche il brand.
Anche tra coloro che sono addetti ai lavori, ci sono idee discordanti.
Per me, conta molto la qualità percepita, che chiama due fattori: la qualità del prodotto, ma anche la capacità dell'utente di percepirla.
Se proprio vogliamo, l'utente va "educato", ma non a spendere di più per il solo fine di spendere di più: il che è in realtà "l'educazione" che viene data al cliente, perché è a beneficio di chi vende il vino.
Personalmente da questa chiacchierata me ne sono tornato a casa contento della pratica di recarsi a prendere il vino direttamente in cantina..
Uno di quei posti quasi senza insegna, senza sito internet, in cui vai "perché lo conosci", dove se "hai la passione", puoi recarti con le damigiane ed imbottigliartelo tu.
Il vino è anche questo e disguisirne, senza predersi troppo sul serio.
Non posso dire di "apprezzare il vino": mi interessa conoscerlo per "cultura e conoscenza".
Sarà un'idea romanzata, ma ci sono zona che coltivano la vite e fanno il vino da secoli: conoscere il loro vino è un modo per conoscere le zone stesse e materia di dialogo con chi le abita.
In fatto di vino ho le mie preferenze, ma questa è secondario.
Conclusa la premessa, ho avuto modo in questi giorni di festa di chiacchierare un po' con una persona da più di 10 anni attiva nel commercio al dettaglio del vino: doveva essere una chiacchierata disinteressata, ma sappiamo che c'è chi, per indole, non smette mai di lavorare.
Sicuramente il suo mestiere oggi non è facile, perché deve fronteggiare la grande distribuzione, per cui deve sempre cercare e proporre vini alternativi.
Riporto alcune affermazioni che ha fatto:
1) in Italia il mercato è tradizionalista ed è attaccato alla "purezza".
Qui cioè il vino deve provenire dalla stessa uva, le miscele non sono apprezzate, sono sinonimo di vino economico.
Questo secondo lui è un grosso peccato, perché in questo modo il pubblico si preclude dei vini che sono molto buoni.
Unendo le sapidità di uve diverse, si ottiene un prodotto "migliore" di quello ottenibile dalla singola uva: mischiando si possono colmare le lacune legate alla singola uva, è insomma possibile ottenere il meglio delle diverse uve.
Questo discorso l'ha legato ad esempio molto alla Francia, dove sono "più avanti di noi" su questo fronte.
L'innalzamento climatico ha fatto aumentare la bontà di uve provenienti da zone che hanno beneficiato assai di queste ultime estati più calde: sono produzioni piccole, si tratta di regioni che non hanno vini "di pregio" propri (docg, se dico correttamente).
La conseguenza di tutto questo è che in Italia si consumano gli stessi tipi di viti, mentre in Francia c'è più varietà.
A rifletterci:
a) certamente, per chi può vantare una "purezza" di valore, la difende e la valorizza. Chi non può vantarla, cerca altre strade.
b) forse il "bello" del vino, è farlo buono senza troppi maneggi.
Un vino buono ottenuto da uve diverse, è un po' come un meca-quarz.
Il vino è il vino, non è una bevanda al gusto di vino.
c) che io sappia, l'innalzamento climatico, ha aumentato la bontà delle uve dalle viti che non hanno patito la siccità (ad esempio, perché non sulla collina, ma in basso, cioè più vicine alla falda).
2) in Italia c'è l'attacamento al tappo di sughero.
Ormai ci sono materiali sintetici che offrono caratteristiche superiori eppure sono associati a vini "economici"
All'estero il vino con il tappo a vite non scandalizza
3) il discorso che veramente più mi ha stonato: legare la bontà di un vino, al suo prezzo.
4) i vini rossi non vanno più bene per i gusti di oggi, perché la gente vuole vini leggeri: a cena in due devi poterti finire la bottiglia.
5) non ha parlato, perché poco interessato, dei consorzi, che da discorsi sentiti da altri parenti, non ho ben capito se sono strumenti di sviluppo del prodotto (come dovrebbero essere) o strumenti di spartizione.
Qualche anno fa, il presidente del consorzio del moscato ebbe problemi perché accusato di aver favorito la propria cantina.
Non mi ricordo se ho dimenticato qualcosa... ma è abbastanza per me per vedere assonanze tra il settore del vino e quello degli orologi.
Anche tra gli appassionati di orologi ci sono i "modernisti", quelli che ti esaltano l'anello di tenuta del movimento in plastica, anziché in metallo, perché assorbe meglio i colpi.
O quelli che ti giustificano (ed esaltano), nel movimento famoso e noto, la presenza di pezzi in plastica per fronteggiare i rischi del "magnetismo".
La plastica nell'anello di tenuta porterà anche benefici in caso di colpi alla cassa, ma quella è la giustificazione che ne è stata data all'adozione: in realtà è stata adottata perché costa meno del metallo.
Se non hai accesso a viti "di pregio", ti metti a fare "le miscele" e "boicotti" la "purezza", perché non ce l'hai o perché comunque, la purezza è un costo.
Anche negli orologi: conoscerne il valore è difficile, ma conoscerne il prezzo è facilissimo.
Conta molto anche il brand.
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Per me, conta molto la qualità percepita, che chiama due fattori: la qualità del prodotto, ma anche la capacità dell'utente di percepirla.
Se proprio vogliamo, l'utente va "educato", ma non a spendere di più per il solo fine di spendere di più: il che è in realtà "l'educazione" che viene data al cliente, perché è a beneficio di chi vende il vino.
Personalmente da questa chiacchierata me ne sono tornato a casa contento della pratica di recarsi a prendere il vino direttamente in cantina..
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Il vino è anche questo e disguisirne, senza predersi troppo sul serio.
"Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre" - Albert Einstein
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Re: Che si cucina stasera?
Mauro come sai l'argomento mi interessa molto, sia per interesse personale e sia perché, in parte, con il vino ci lavoro. Ti posso dire un po' come la vedo io, senza aver presunzione di verità assoluta ma comunque con l'occhio di chi nel mondo del vino ne ha viste molte.
1) Il mercato è attaccato alla purezza
Facciamo un po' di chiarezza. Quando si acquista una bottiglia di vino ci troviamo di fronte due prodotti: un monovitigno oppure un blend o, come piace dire ai francesi, una cuvée. La qualità non c'entra niente, è solo un modo diverso di presentare un prodotto. In Francia, come hai ben detto, per storia, hanno per lo più prodotto vini in assemblaggio, bianchi o rossi che siano. In Italia, un po' perché ce lo chiedeva l'export, USA in primis, abbiamo dagli anni '80 in poi seguito questa linea. Negli ultimi tempi stiamo tornando al monovitigno. Questo per due motivi principali:
1) Fare un vino "in purezza" è più difficile, bisogna esser bravi, madre natura spesso non ci vuole bene e se vogliamo distinguerci dalla concorrenza è l'unica strada da percorrere, sopratutto quando ci si trova ad alti e altissimi livelli.
2) Con il monovitigno, soprattutto utilizzando un'uva autoctona, si mette in mostra e si esalta il territorio. Ti faccio un esempio stupido. Secondo te il Chianti lo valorizzi agli occhi del mondo con un blend di 3 o 4 uve, uve che puoi trovare anche in Veneto oppure in Lazio, o con un Sangiovese sarcigno e ignorante che a questo modo può crescere solo nei 9 comuni della denominazione classica? Quindi sì, non disdegno gli assemblaggi, i vini più importanti del mondo sono assemblaggi, ma niente fa parlare il territorio come un monovitigno.
2) L'innalzamento climatico
L'aumento delle temperature medie annuali a cui stiamo assistendo ha portato innumerevoli problemi agli agricoltori ed è indubbio. In molti stanno chiedendo una revisione dei disciplinari per far sì che si possa procedere all'irrigazione non solo in casi catastrofici.
Però ricordiamoci che ha permesso anche due grosse novità:
1) Coltivare vite dove prima non si poteva (vedi il Mugello in Toscana dove, in alcuni casi, si fanno ottimi prodotti oppure vedi le pendici dell'Etna)
2) Riscoprire uve antiche utilizzate in passato che erano state dimenticate perché troppo aggressive (vedi Erbamat).
3) Legare la bontà di un vino, al suo prezzo
Qui si potrebbe aprire un mondo a parte, ho bevuto ottimi vini da 15 euro e pessimi da 60. In linea generale ti posso però dire una cosa. Considerando quanto costa oggi un tappo in sughero, una bottiglia in vetro, l'etichetta, la scatola che contiene le bottiglie, eccetera eccetera, c'è una soglia minima, che io indico su per giù in 10 euro, dove è quasi impossibile trovare un vino di qualità. Intendiamoci, non dico dannoso per la salute, dico di qualità per una persona con un minimo di naso e palato.
4) I vini rossi non vanno più bene per i gusti di oggi, perché la gente vuole vini leggeri
Più che di vini leggeri io forse forse parlerei di moda. Ora vanno di moda i rosati, quelli con dal color rosa tenue in stile provenzale. Prima c'era (e c'è ancora in realtà) il Pinot Grigio, prima ancora il Prosecco. Mi dirai: ma non sono mica rossi e ti dico che hai ragione. Sicuramente un bianco lo bevi bene estate ed inverno, risulta forse più leggero anche se spesso, guardando il titolo alcolometrico, non si discostano mica più di tanto da un vino rosso, lasciando perdere Amaroni e vini del sud.
5) In Italia c'è l'attaccamento al tappo di sughero
Confermo. I tappi Stelvin, i Diam, vengono schifati. E non ha senso. Perché dovrei mettere un tappo in sughero su una bottiglia di Vermentino che non ha alcun bisogno di evolvere in bottiglia? Metto uno stelvin. Perché dovrei mettere un tappo in sughero su una bottiglia di Pinot Nero che starà in cantina al massimo due anni? Metto un Diam. Per non parlare del fatto che un sughero su dieci mi darà probabilmente problemi di TCA (sentore di tappo) pregiudicandomi in toto il godimento della bottiglia.
Questa estate, girando per cantine, mi sono fermato a parlare con un produttore, il signor Luchetta della cantina Bellaveder, che mi raccontava di come lui da anni avesse abbandonato il sughero a favore dei cosiddetti tappi tecnici, i Diam per intendersi; di come dieci anni fa lo prendessero per pazzo per aver optato per una scelta del genere, e di come negli ultimi tempi in tanti si sono scusati e hanno preso il suo esempio. Quanti soldi risparmiati, quanti grattacapi in meno!
Il responsabile commerciale di Franz Haas mi spiegava invece di come la cantina (una delle più famose in Italia, non gli ultimi arrivati) avesse optato per il tappo a vite 20 anni fa e di come questa è risultata la scelta migliore che potessero fare. Quindi: ha senso il sughero? Certo! Per un Tignanello, un Dal Forno e per pochi altri.
6) Per quanto riguarda i consorzi, qui sono abbastanza ignorante in materia e non mi permetto di giudicare. Ti posso dire che hanno interessi di parte e sicuramente spesso hanno chiuso anche tutti e due gli occhi.
Mi scuso se mi sono un po' dilungato, spero di averti tolto qualche dubbio. Nel caso, sono quì a disposizione.
1) Il mercato è attaccato alla purezza
Facciamo un po' di chiarezza. Quando si acquista una bottiglia di vino ci troviamo di fronte due prodotti: un monovitigno oppure un blend o, come piace dire ai francesi, una cuvée. La qualità non c'entra niente, è solo un modo diverso di presentare un prodotto. In Francia, come hai ben detto, per storia, hanno per lo più prodotto vini in assemblaggio, bianchi o rossi che siano. In Italia, un po' perché ce lo chiedeva l'export, USA in primis, abbiamo dagli anni '80 in poi seguito questa linea. Negli ultimi tempi stiamo tornando al monovitigno. Questo per due motivi principali:
1) Fare un vino "in purezza" è più difficile, bisogna esser bravi, madre natura spesso non ci vuole bene e se vogliamo distinguerci dalla concorrenza è l'unica strada da percorrere, sopratutto quando ci si trova ad alti e altissimi livelli.
2) Con il monovitigno, soprattutto utilizzando un'uva autoctona, si mette in mostra e si esalta il territorio. Ti faccio un esempio stupido. Secondo te il Chianti lo valorizzi agli occhi del mondo con un blend di 3 o 4 uve, uve che puoi trovare anche in Veneto oppure in Lazio, o con un Sangiovese sarcigno e ignorante che a questo modo può crescere solo nei 9 comuni della denominazione classica? Quindi sì, non disdegno gli assemblaggi, i vini più importanti del mondo sono assemblaggi, ma niente fa parlare il territorio come un monovitigno.
2) L'innalzamento climatico
L'aumento delle temperature medie annuali a cui stiamo assistendo ha portato innumerevoli problemi agli agricoltori ed è indubbio. In molti stanno chiedendo una revisione dei disciplinari per far sì che si possa procedere all'irrigazione non solo in casi catastrofici.
Però ricordiamoci che ha permesso anche due grosse novità:
1) Coltivare vite dove prima non si poteva (vedi il Mugello in Toscana dove, in alcuni casi, si fanno ottimi prodotti oppure vedi le pendici dell'Etna)
2) Riscoprire uve antiche utilizzate in passato che erano state dimenticate perché troppo aggressive (vedi Erbamat).
3) Legare la bontà di un vino, al suo prezzo
Qui si potrebbe aprire un mondo a parte, ho bevuto ottimi vini da 15 euro e pessimi da 60. In linea generale ti posso però dire una cosa. Considerando quanto costa oggi un tappo in sughero, una bottiglia in vetro, l'etichetta, la scatola che contiene le bottiglie, eccetera eccetera, c'è una soglia minima, che io indico su per giù in 10 euro, dove è quasi impossibile trovare un vino di qualità. Intendiamoci, non dico dannoso per la salute, dico di qualità per una persona con un minimo di naso e palato.
4) I vini rossi non vanno più bene per i gusti di oggi, perché la gente vuole vini leggeri
Più che di vini leggeri io forse forse parlerei di moda. Ora vanno di moda i rosati, quelli con dal color rosa tenue in stile provenzale. Prima c'era (e c'è ancora in realtà) il Pinot Grigio, prima ancora il Prosecco. Mi dirai: ma non sono mica rossi e ti dico che hai ragione. Sicuramente un bianco lo bevi bene estate ed inverno, risulta forse più leggero anche se spesso, guardando il titolo alcolometrico, non si discostano mica più di tanto da un vino rosso, lasciando perdere Amaroni e vini del sud.
5) In Italia c'è l'attaccamento al tappo di sughero
Confermo. I tappi Stelvin, i Diam, vengono schifati. E non ha senso. Perché dovrei mettere un tappo in sughero su una bottiglia di Vermentino che non ha alcun bisogno di evolvere in bottiglia? Metto uno stelvin. Perché dovrei mettere un tappo in sughero su una bottiglia di Pinot Nero che starà in cantina al massimo due anni? Metto un Diam. Per non parlare del fatto che un sughero su dieci mi darà probabilmente problemi di TCA (sentore di tappo) pregiudicandomi in toto il godimento della bottiglia.
Questa estate, girando per cantine, mi sono fermato a parlare con un produttore, il signor Luchetta della cantina Bellaveder, che mi raccontava di come lui da anni avesse abbandonato il sughero a favore dei cosiddetti tappi tecnici, i Diam per intendersi; di come dieci anni fa lo prendessero per pazzo per aver optato per una scelta del genere, e di come negli ultimi tempi in tanti si sono scusati e hanno preso il suo esempio. Quanti soldi risparmiati, quanti grattacapi in meno!
Il responsabile commerciale di Franz Haas mi spiegava invece di come la cantina (una delle più famose in Italia, non gli ultimi arrivati) avesse optato per il tappo a vite 20 anni fa e di come questa è risultata la scelta migliore che potessero fare. Quindi: ha senso il sughero? Certo! Per un Tignanello, un Dal Forno e per pochi altri.
6) Per quanto riguarda i consorzi, qui sono abbastanza ignorante in materia e non mi permetto di giudicare. Ti posso dire che hanno interessi di parte e sicuramente spesso hanno chiuso anche tutti e due gli occhi.
Mi scuso se mi sono un po' dilungato, spero di averti tolto qualche dubbio. Nel caso, sono quì a disposizione.
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Re: Che si cucina stasera?
Cena ignorante con polpettone ripeno di cipolle e salsiccia e una purea di cavolo, patate e mela renetta.
In abbinamento il fratello sfigato dell’Amarone
Un vino semplice, beverino, un bel naso ma un po’ corto in bocca. Vabbè, ci può stare!
In abbinamento il fratello sfigato dell’Amarone
Un vino semplice, beverino, un bel naso ma un po’ corto in bocca. Vabbè, ci può stare!
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Re: Che si cucina stasera?
Corto vuol dire retrogusto poco persistente?ale9191 ha scritto: ↑15 gen 2023, 7:04 Cena ignorante con polpettone ripeno di cipolle e salsiccia e una purea di cavolo, patate e mela renetta.
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In abbinamento il fratello sfigato dell’Amarone
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Re: Che si cucina stasera?
Sì, che non ha persistenza. Lo deglutisci e subito scompare.
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Re: Che si cucina stasera?
Ieri sera avanzi e questo interessante Albana.
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Re: Che si cucina stasera?
Serata carbonara, venuta molto molto bene.
In abbinamento, uno dei migliori Vermentino che si possono bere a Colli di Luni. Rapporto Q/P strepitoso!
In abbinamento, uno dei migliori Vermentino che si possono bere a Colli di Luni. Rapporto Q/P strepitoso!
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Re: Che si cucina stasera?
Filetto con composta di mirtilli rossi
vino delle mie parti
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Re: Che si cucina stasera?
Qualcuno prova 'sta roba?
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Re: Che si cucina stasera?
Ma perché si fa un cuvée? Perché non si ha abbastanza quantità di uno stesso vitigno o perché da solo "non va bene" e certamente, per ottenere un "assemblato" migliore dei rispettivi monovitigni.ale9191 ha scritto: ↑10 gen 2023, 18:58 1) Il mercato è attaccato alla purezza
Facciamo un po' di chiarezza. Quando si acquista una bottiglia di vino ci troviamo di fronte due prodotti: un monovitigno oppure un blend o, come piace dire ai francesi, una cuvée. La qualità non c'entra niente, è solo un modo diverso di presentare un prodotto. In Francia, come hai ben detto, per storia, hanno per lo più prodotto vini in assemblaggio, bianchi o rossi che siano. In Italia, un po' perché ce lo chiedeva l'export, USA in primis, abbiamo dagli anni '80 in poi seguito questa linea. Negli ultimi tempi stiamo tornando al monovitigno. Questo per due motivi principali:
1) Fare un vino "in purezza" è più difficile, bisogna esser bravi, madre natura spesso non ci vuole bene e se vogliamo distinguerci dalla concorrenza è l'unica strada da percorrere, sopratutto quando ci si trova ad alti e altissimi livelli.
2) Con il monovitigno, soprattutto utilizzando un'uva autoctona, si mette in mostra e si esalta il territorio. Ti faccio un esempio stupido. Secondo te il Chianti lo valorizzi agli occhi del mondo con un blend di 3 o 4 uve, uve che puoi trovare anche in Veneto oppure in Lazio, o con un Sangiovese sarcigno e ignorante che a questo modo può crescere solo nei 9 comuni della denominazione classica? Quindi sì, non disdegno gli assemblaggi, i vini più importanti del mondo sono assemblaggi, ma niente fa parlare il territorio come un monovitigno.
Non parliamo di qualità, d'accordo, ma, forse, "miscelare" è più "facile" che fare un buon monovitigno?
Ipotizzo, ma mi pare di capire che tu dica questo.
Lo stelvin, per gli ignoranti come me, è il tappo a viteale9191 ha scritto: ↑10 gen 2023, 18:58 5) In Italia c'è l'attaccamento al tappo di sughero
Confermo. I tappi Stelvin, i Diam, vengono schifati. E non ha senso. Perché dovrei mettere un tappo in sughero su una bottiglia di Vermentino che non ha alcun bisogno di evolvere in bottiglia? Metto uno stelvin. Perché dovrei mettere un tappo in sughero su una bottiglia di Pinot Nero che starà in cantina al massimo due anni? Metto un Diam. Per non parlare del fatto che un sughero su dieci mi darà probabilmente problemi di TCA (sentore di tappo) pregiudicandomi in toto il godimento della bottiglia.
I tappi "tecnici" (Diam) sono quelli in sintetico, che imitano quelli in sughero e per carità, a volte "li superano".
D'accordo: un vino che non evolve, ci si metta il tappo che pare.
Mi scopro conservatore e mi ricollego al parallelismo con l'orologeria meccanica: il pubblico di appassionati di orologeria meccanica, vuole la precisione, utilizzando una tecnologia obsoleta, cioè quella meccanica.
Piacciono le complicazioni, ma devono essere meccaniche: oggi con uno smartwatch altro che fasi lunari, indicazioni del tempo, etc. etc. eppure "quella è altra cosa".
Come dire: "devi essere bravo", pur percorrendo un sentiero vecchio e che ti complica la vita. Ma lì è anche "il bello", la bravura del produttore di vino o del produttore di orologi.
La via facile, è comoda: no, non va bene. Devi anche essere bravo a scegliere il fornitore dei tappi in sughero e gli eventuali difetti, fanno parte del bello del gioco.
Non so se ho reso l'idea di quello che voglio dire.
Il vino non è una bevanda: il vino è il vino, anche con i suoi difetti, allo stesso modo di un orologio meccanico.
E per me sì, è espressione di un territorio. (Il tuo esempio sul Chianti, perdona, vista la mia ignoranza non l'ho capito).
Se un domani qualcuno inventasse una polvere magica e naturale, che ti restituisce una bevanda al gusto del tal vino che nemmeno i sommelier distinguono dal medesimo ottenuto con le uve, che si fa?
Lo apprezziamo perché è buono o storciamo il naso perché è un ottima bevanda, ma "non è vino"? Fosse anche più buono dell'originale.
"Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre" - Albert Einstein