Preso dal blog di un certo Turi Comito
Lacune riflessioni sono condivisibili, altre meno.
A voi la palla.
È probabile che il "ritardo" con il quale il noto "isolazionista" (secondo alcuni furbi esegeti del pensiero trumpettista) neo imperatore USA stia procedendo a "punire" i paesi europei con raffiche di dazi - rispetto a Canada, Messico e Cina - sia dovuto ad una questione di opportunità politica che richiede un minimo di attenzione, prudenza e relax supplementari.
Nell'UE infatti la politica commerciale dei paesi membri è di competenza esclusiva del pachiderma chiamato Unione ed è fondata sul dogma ricardiano del libero scambio di merci prevedendo quindi - in generale - abolizione di dazi, tariffe, ecc.
Questa linea di pensiero, naturalmente, è stata per decenni maggioritaria negli Usa e i due colossi (USA e UE) l'hanno sostanzialmente imposta a tutto il mondo dando vita, tra le altre cose, all'organizzazione mondiale del commercio (WTO) uno dei strumenti di dominio occidentale planetario più micidiale (assieme alle altre due fosse biologiche note: FMI e Banca mondiale). Ovviamente l'idea era che USA e UE avrebbero nei secoli dei secoli continuato a mantenere la loro supremazia tecnica, economica, militare, finanziaria e il WTO sarebbe servito proprio a questo: illudere il resto del mondo che tutti fossero uguali e che a tutti sarebbe convenuto diventare liberoscambisti.
Avevano sottovalutato, tronfi e ignoranti allo stesso tempo come solo gli occidentali sanno essere, che qualcuno potesse prima insidiare e poi superare il vantaggio tecnico-economico occidentale e perfino usare i suoi stessi strumenti rivoltandoglieli contro. Ad esempio la Cina. Ma pure la Russia. E anche l'India.
Nasce da questa presa d'atto la guerra commerciale USA contro la Cina iniziata da Trump, entusiasticamente portata avanti da Biden e adesso trasformata, di nuovo da Trump, in una guerra commerciale planetaria.
L'intento è quello di distruggere il WTO, il quale, volente o nolente, dovrebbe applicare quelle sanzioni previste per chi rompe i patti (e infatti USA e Cina già si appellano all'organizzazione). Il perché è presto detto: trump liquiderà (o si tirerà fuori da) qualsiasi organizzazione internazionale sia d'impedimento al suo obiettivo di fare degli USA un soggetto imperiale planetario che obbedisce solo ai suoi interessi e trova limiti non in norme internazionali condivise ma nei puri e semplici rapporti di forza.
I dazi alla Cina sono altra cosa rispetto ai dazi al Canada e al Messico. Quelli alla Cina scontano la potenza dell'Impero celeste ormai fuori controllo e tendono a ridurre i danni.
I dazi al Messico e al Canada sono solo pretesti per dire ai due: o con me o contro di me. Con me vuol dire che fate cosa ci dico io nel mio interesse e residualmente nel vostro. Contro di me vuol dire che vi strangolo.
Ora, per tornare alla questione europea, la stessa strategia usata con Canada e Messico, non è possibile usarla con l'UE.
Per mille motivi: la gigantesca ampiezza del mercato europeo, gli interessi geopolitici, la dipendenza da alcuni settori industriali difficile da eguagliare nel breve medio periodo e, anche, per un altro motivo a suo modo essenziale.
Se si applicano misure punitive all'Europa nel suo complesso, dal punto di vista commerciale, il rischio altissimo è quello di danneggiare quei paesi amici di trump che in Europa rappresentano al meglio i suoi interessi perché i primi sono convinti che coincidano con quelli del secondo. A partire dall'Ungheria di Orban per finire all'Italia di Meloni con in mezzo tutti gli altri indecisi in attesa di capire che fare, come, con chi e perché.
Il fatto è che se Trump si dovesse inventare accordi commerciali bilaterali strategici con alcuni paesi europei di fatto e di diritto uno dei pochi pilastri costitutivi dell'UE crollerebbe (appunto la politica commerciale) e non è affatto detto che il crollo di un pilastro tenga all'impiedi tutto l'edificio pachidermico.
Il che, da un punto di vista generale, non è certo che sia un grande affare per gli USA e neppure per i paesi dell'UE.
Da qui dunque il "ritardo" sui dazi all'Europa. Quanto questo ritardo durerà non so dire. Come non so dire in questo momento in che modo trump colpirà e come e chi.
Ma una cosa mi pare evidente in questo bailamme, ed è la seguente.
Credo sia la prima volta che l'UE stia subendo una minaccia così potente e così potenzialmente devastante alla sua esistenza.
La cosa divertente è che non proviene, la minaccia, né dalla Cina né dai cosacchi di Putin che - secondo certi deficienti in circolazione - avrebbero dovuto abbeverare i loro cavalli nelle fresche fontane di Roma, di Parigi e di Lisbona.
Proviene dal dominus che governa da 80 anni l'Europa, ossia l'Impero d'oltreoceano.
TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
Non la farei così drammatica. In fondo è dal 2008 che stiamo precipitando senza fine. Lo faremo anche stavolta.
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
Con una bella accelerazione, però. Se si sfalda la UE non ci sarà più l'ombrello della BCE sul debuto italiano.cuoccimix ha scritto: 3 feb 2025, 17:57 Non la farei così drammatica. In fondo è dal 2008 che stiamo precipitando senza fine. Lo faremo anche stavolta.
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
Se l'ombrellaio va in bancarotta, è colpa dei suoi ombrelli che non erano un granchè. Comunque tranquillo che tanto quelli non se ne vanno via nemmeno a calci.wilcoyote ha scritto: 3 feb 2025, 18:35Con una bella accelerazione, però. Se si sfalda la UE non ci sarà più l'ombrello della BCE sul debito italiano.cuoccimix ha scritto: 3 feb 2025, 17:57 Non la farei così drammatica. In fondo è dal 2008 che stiamo precipitando senza fine. Lo faremo anche stavolta.
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
Altro punto di vista, forse ancora più nero.

Dobbiamo metterci in testa che la democrazia liberale in Occidente non cadrà col botto, coi cingoli dei carri armati che sbriciolano le scalinate dei parlamenti e i dissidenti arrestati casa per casa.
La democrazia liberale è già caduta, e quelle a cui stiamo assistendo sono lotte di assestamento dentro un nuovo assetto tra gruppi di potere che possiamo schematizzare come segue: da una parte le elite “integrate” a cui le istituzioni liberali non dispiacciono, e che anzi le controllano come strumenti utilissimi, avendone pian piano reciso i legacci democratici attraverso trojke finanziarie spacciate per istituzioni economiche, commissariamenti politici contrabbandati per governi tecnici. Dall’altro nuovi poteri più ruspanti, che alla democrazia, al voto e perfino alla partecipazione non sono contrarie, dal momento che controllando media e infrastrutture possono orientarne il flusso, ma non sopportano e stanno smantellando tutte quelle istituzioni che nella prassi liberale arginano e indirizzano il potere della maggioranza: magistratura, media indipendenti, organizzazioni internazionali, infrastrutture laiche.
La partita è insomma tra un assestamento post-democratico e un assestamento post-liberale. Le due cose insieme non le avremo più.
Non ne andasse del nostro avvenire, osservare forze e debolezze delle due parti sarebbe anche affascinante: i primi hanno un controllo capillare delle istituzioni esistenti e un tocco da pianisti, ma una incapacità di rapportarsi con l’opinione pubblica perfino più disastrosa di quella delle poche e ormai superflue forze progressiste. Gli altri una forza economica dirompente, nessuna preoccupazione stilistica, la certezza di tenere il mondo tra le dita (e come diceva Roosevelt: non sottovalutare mai un uomo che si sopravvaluta) ma anche un narcisismo patologico che alla lunga potrebbe rivelarsi il loro tallone d’achille (con i giusti strumenti coercitivi la storia ci insegna che si può essere temuti per dieci, venti, cinquant’anni. Amati è molto più difficile).
Come siamo arrivati a questo punto? Come si è sgretolato in pochissimi anni, e quasi senza far rumore, quello che era considerato l’assetto politico e istituzionale più avanzato ed efficiente della storia dell’umanità?
Gli storici ne dibatteranno per decenni se non per secoli, la risposta non ce l’ho sicuramente io su Facebook.
Una cosa però è chiara: mentre si presenta come riaffermazione dei nazionalismi singoli, sotto il cappello di un’aggressiva riappropriazione dell’identità “occidentale”, il nuovo assetto è in realtà un’assimilazione dell’Occidente ai sistemi oligarchici che governano il resto del mondo. È passata l’idea che per combattere Cina, Russia e potenze petrolifere dobbiamo organizzarci come loro, è passato il desiderio violento dei nostri super ricchi di assomigliare di più ai satrapi mafiosi che da anni gli fregano le ville sul lago di Como, le squadre di calcio e talvolta pure le mogli.
Non illudiamoci di aver già visto la violenza dei nuovi padroni dell’Occidente. Sono come bambini selvaggi che la violenza l’hanno appena scoperta.

Dobbiamo metterci in testa che la democrazia liberale in Occidente non cadrà col botto, coi cingoli dei carri armati che sbriciolano le scalinate dei parlamenti e i dissidenti arrestati casa per casa.
La democrazia liberale è già caduta, e quelle a cui stiamo assistendo sono lotte di assestamento dentro un nuovo assetto tra gruppi di potere che possiamo schematizzare come segue: da una parte le elite “integrate” a cui le istituzioni liberali non dispiacciono, e che anzi le controllano come strumenti utilissimi, avendone pian piano reciso i legacci democratici attraverso trojke finanziarie spacciate per istituzioni economiche, commissariamenti politici contrabbandati per governi tecnici. Dall’altro nuovi poteri più ruspanti, che alla democrazia, al voto e perfino alla partecipazione non sono contrarie, dal momento che controllando media e infrastrutture possono orientarne il flusso, ma non sopportano e stanno smantellando tutte quelle istituzioni che nella prassi liberale arginano e indirizzano il potere della maggioranza: magistratura, media indipendenti, organizzazioni internazionali, infrastrutture laiche.
La partita è insomma tra un assestamento post-democratico e un assestamento post-liberale. Le due cose insieme non le avremo più.
Non ne andasse del nostro avvenire, osservare forze e debolezze delle due parti sarebbe anche affascinante: i primi hanno un controllo capillare delle istituzioni esistenti e un tocco da pianisti, ma una incapacità di rapportarsi con l’opinione pubblica perfino più disastrosa di quella delle poche e ormai superflue forze progressiste. Gli altri una forza economica dirompente, nessuna preoccupazione stilistica, la certezza di tenere il mondo tra le dita (e come diceva Roosevelt: non sottovalutare mai un uomo che si sopravvaluta) ma anche un narcisismo patologico che alla lunga potrebbe rivelarsi il loro tallone d’achille (con i giusti strumenti coercitivi la storia ci insegna che si può essere temuti per dieci, venti, cinquant’anni. Amati è molto più difficile).
Come siamo arrivati a questo punto? Come si è sgretolato in pochissimi anni, e quasi senza far rumore, quello che era considerato l’assetto politico e istituzionale più avanzato ed efficiente della storia dell’umanità?
Gli storici ne dibatteranno per decenni se non per secoli, la risposta non ce l’ho sicuramente io su Facebook.
Una cosa però è chiara: mentre si presenta come riaffermazione dei nazionalismi singoli, sotto il cappello di un’aggressiva riappropriazione dell’identità “occidentale”, il nuovo assetto è in realtà un’assimilazione dell’Occidente ai sistemi oligarchici che governano il resto del mondo. È passata l’idea che per combattere Cina, Russia e potenze petrolifere dobbiamo organizzarci come loro, è passato il desiderio violento dei nostri super ricchi di assomigliare di più ai satrapi mafiosi che da anni gli fregano le ville sul lago di Como, le squadre di calcio e talvolta pure le mogli.
Non illudiamoci di aver già visto la violenza dei nuovi padroni dell’Occidente. Sono come bambini selvaggi che la violenza l’hanno appena scoperta.
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
Si può semplificare al massimo con una parola: avidità. Ma non in senso morale: in senso funzionale."Come siamo arrivati a questo punto? Come si è sgretolato in pochissimi anni, e quasi senza far rumore, quello che era considerato l’assetto politico e istituzionale più avanzato ed efficiente della storia dell’umanità?"
In Russia e Cina il comunismo è caduto non perchè la popolazione volesse la "libertà", anzi, fosse stato per loro (come ancora oggi dimostrano molti sondaggi) avrebbero vissuto volentieri sotto quel sistema che fino approssimativamente al 1985 garantiva loro tutte le esigenze di base.
La spiegazione è molto più prosaica: estintesi le prime generazioni comuniste, i funzionari di Stato (a cui del comunismo in fondo non fregava nulla) volevano guadagnare di più. Al burocrate non bastavano più una Volga nuova, un appartamento di pregio e una bella dacia in campagna: voleva la Mercedes e una casa in Costa Azzurra.
Idem si può dire del sistema iperliberista. Al miliardario (in euro) non basta più guadagnare: deve guadagnare ancora di più.
La "democrazia liberale" non esiste: sopravviveva un qualcosa di simile giusto per tenere a freno il comunismo.
Saltato quello, salta anche l'esigenza di mantenere certi paletti. E salta anche la necessità di avere il consenso popolare.
Quindi, nessuna via d'uscita, chiunque stia al potere.
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
Una immagine da conati di vomito continuati. Se eliminassero quei tizi, specialmente il primo a sinistra (purtroppo manca Guglielmo Cancelli) il mondo sarebbe un pò più pulito. Fino ai prossimi che li sostituirebbero,
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Re: TRUMP E L'EUROPA AD UN PASSO DAL COLLASSO
La società si riassume in un semplice concetto: l'uomo, in quanto essere vivente, è storto. Sbagliato. Non c'è bisogno di scervellarsi in ragionamenti per capire il motivo.cuoccimix ha scritto: 7 feb 2025, 13:02Si può semplificare al massimo con una parola: avidità. Ma non in senso morale: in senso funzionale."Come siamo arrivati a questo punto? Come si è sgretolato in pochissimi anni, e quasi senza far rumore, quello che era considerato l’assetto politico e istituzionale più avanzato ed efficiente della storia dell’umanità?"
In Russia e Cina il comunismo è caduto non perchè la popolazione volesse la "libertà", anzi, fosse stato per loro (come ancora oggi dimostrano molti sondaggi) avrebbero vissuto volentieri sotto quel sistema che fino approssimativamente al 1985 garantiva loro tutte le esigenze di base.
La spiegazione è molto più prosaica: estintesi le prime generazioni comuniste, i funzionari di Stato (a cui del comunismo in fondo non fregava nulla) volevano guadagnare di più. Al burocrate non bastavano più una Volga nuova, un appartamento di pregio e una bella dacia in campagna: voleva la Mercedes e una casa in Costa Azzurra.
Idem si può dire del sistema iperliberista. Al miliardario (in euro) non basta più guadagnare: deve guadagnare ancora di più.
La "democrazia liberale" non esiste: sopravviveva un qualcosa di simile giusto per tenere a freno il comunismo.
Saltato quello, salta anche l'esigenza di mantenere certi paletti. E salta anche la necessità di avere il consenso popolare.
Quindi, nessuna via d'uscita, chiunque stia al potere.
Qualsiasi idea anche la più alta eticamente parlando viene trasformata, quasi sempre in peggio, nel momento in cui viene applicata dall'uomo.
Un esempio. La mia ex è tedesca dell'ex (...) est. Una volta mentre giravamo per il posto in cui vive mi ha mostrato le villette dei membri del Partito.
Ora. Vero che c'erano palazzoni con appartamenti per tutto il popolo (con tanto di reti anti fuga messe dalla Stasi), ma perchè un membro del Partito doveva vivere in villetta anzichè in un appartamento come tutti? Anche se le villette che sono lì in occidente sarebbero le garconniere dei guardiani delle ville vere.