Di Stefano Rodotà, una delle poche voci illuminate ancora esistenti nel nostro paese.
http://www.repubblica.it/politica/2016/ ... 137154740/
La democrazia senza morale
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La democrazia senza morale
Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme.
(Charles Bukowski)
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Re: La democrazia senza morale
Ormai sono estremamente scettico nei confronti di chi critica il sistema usufruendone al tempo stesso e richiamandosi solo a doveri morali teorici, non intraprendendo, nel contempo, alcuna iniziativa pratica per non alienarsi i vantaggi dati da una posizione di "critica moderata" all'interno delle istituzioni. Comunque, sicuramente è un articolo condivisibile nella sostanza, la democrazia senza un minimo di morale non è democrazia, ma oligarchia del "più furbo".
In effetti siamo arrivati a un punto cruciale in tal senso. Molti politici con le mani in pasta berciano un giorno sì e l'altro pure al "moralismo", per la serie: faccio quel che cacchio mi pare. In tal senso il ventennio di Berlusconi (comunque pur sempre l'ultimo presidente del consiglio eletto democraticamente) è stato fondamentale e devastante non tanto sotto il profilo economico/sociale, quanto sotto quello morale: lui è stato il primo a fare del suo esser "furbo" e poco ligio alle leggi, quasi una bandiera, indicando così la strada a una generazione che oggi è completamente a-morale, nel bene ma soprattutto nel male.
I politici di una volta avevano, oltre ad una cultura del sociale più alta, anche un freno inibitorio derivante dal dover dare un seguito agli orrori della guerra, quindi in un certo senso mantenevano ancora un "dovere" verso qualcuno o qualcosa -una corrente, un'idea o ideologia- anche nell'illecito (se rubavano, rubavano per il partito, mostrandosi interessati più al potere e ai suoi vantaggi indiretti che al mero soldo cash). Ora si agisce, nel bene e nel male, solo per se stessi. Il che porta chiaramente a una concezione molto più "liberista" anche nell'illecito.
Alle vecchie morali "collettive" e anti-individualiste (cattolicesimo, comunismo, fascismo ecc), forse bacchettone ma comunque elementi "aggreganti", ha fatto seguito una completa atomizzazione della società con l'individualismo prima esecrato e ora esaltato, e curiosamente a tale concezione, per certi versi, hanno aperto le porte proprio le contestazioni giovanili 68/77, che chiedevano maggiore indipendenza dal potere costituito. La fantasia al potere, l'individuo al centro, si sono trasformati in qualcosa di diverso e peggiore, ovvero l'arbitrio totale.
Credo che si dovrà toccare un punto di non ritorno, per ritornare a un minimo (dico minimo: i miracoli non esistono) di decenza.
In effetti siamo arrivati a un punto cruciale in tal senso. Molti politici con le mani in pasta berciano un giorno sì e l'altro pure al "moralismo", per la serie: faccio quel che cacchio mi pare. In tal senso il ventennio di Berlusconi (comunque pur sempre l'ultimo presidente del consiglio eletto democraticamente) è stato fondamentale e devastante non tanto sotto il profilo economico/sociale, quanto sotto quello morale: lui è stato il primo a fare del suo esser "furbo" e poco ligio alle leggi, quasi una bandiera, indicando così la strada a una generazione che oggi è completamente a-morale, nel bene ma soprattutto nel male.
I politici di una volta avevano, oltre ad una cultura del sociale più alta, anche un freno inibitorio derivante dal dover dare un seguito agli orrori della guerra, quindi in un certo senso mantenevano ancora un "dovere" verso qualcuno o qualcosa -una corrente, un'idea o ideologia- anche nell'illecito (se rubavano, rubavano per il partito, mostrandosi interessati più al potere e ai suoi vantaggi indiretti che al mero soldo cash). Ora si agisce, nel bene e nel male, solo per se stessi. Il che porta chiaramente a una concezione molto più "liberista" anche nell'illecito.
Alle vecchie morali "collettive" e anti-individualiste (cattolicesimo, comunismo, fascismo ecc), forse bacchettone ma comunque elementi "aggreganti", ha fatto seguito una completa atomizzazione della società con l'individualismo prima esecrato e ora esaltato, e curiosamente a tale concezione, per certi versi, hanno aperto le porte proprio le contestazioni giovanili 68/77, che chiedevano maggiore indipendenza dal potere costituito. La fantasia al potere, l'individuo al centro, si sono trasformati in qualcosa di diverso e peggiore, ovvero l'arbitrio totale.
Credo che si dovrà toccare un punto di non ritorno, per ritornare a un minimo (dico minimo: i miracoli non esistono) di decenza.
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Re: La democrazia senza morale
La prima cosa che mi è venuta in mente mentre leggevo l’articolo, in effetti, è stata chiedermi dove fosse Rodotà negli ultimi 60 anni.
Quelli della DC, del nano, poi dei tecnici e del mio disgraziato conterraneo (per sommi capi, metteteci pure i vari prodi o d’elemi, non è questo il punto).
E ho pensato che fosse un po’ come Cane quando se la piglia con gli italiani.
Però l’articolo è scritto bene, piacevole da leggere e in massima parte condivisibile, tanto che mi ha riportato alla mente dei ricordi.
Nello specifico una delle prime volte nelle quali leggevo il Testo Unico per gli Enti Locali (che norma di tutto in materia, dall’organizzazione dei Servizi Cimiteriali alle procedure elettive, definizione delle competenze amministrative fino ai casi di scioglimento in caso di mafia o similia…).
Non rammento bene se in un articolo o in un commento ma da qualche parte c’è scritto che, in assenza di norme proprie e definite, qualora se ne presentasse la necessità, si debba agire applicando ”quelle doti normali di ragionevolezza ed avvedutezza, proprie del buon padre di famiglia”.
Caspita, sembra d’aver scoperto l’acqua calda, no?
Eppure è un concetto che sarebbe quasi perfetto, un’idea dell’amministrazione che, se si muovesse in ogni caso in questo modo, sarebbe meravigliosa, chiarissima, lampante.
Un’indicazione per ogni amministratore dello stato (dal dipendente pubblico al politico) che avrebbe bisogno di poco altro.
Poi però ho allargato la riflessione, e son tornato a pensare ai miei colleghi “padri di famiglia” citati sopra e alle loro doti alle quali ci dovremmo tutti rifare…
E purtroppo mi sono venute in mente un mucchio di brutte cose…
Ho pensato alle partite di calcio tra bambini che non arrivano al metro con i genitori sugli spalti che incitano a picchiare duro o minaccio delle peggiori cose l’arbitro.
Ho pensato al padre che ho sentito lamentarsi del camion dei pompieri regalato al figlio di tre anni sostenendo invece la perfezione di quelle pistole simil-laser che gli ha comprato lui e con le quali ha soddisfatto i suoi due infanti che ora passano il pomeriggio a gridarsi “ti ammazzo” e a spararsi per la casa (ma almeno non gli rompono i coglioni).
Ho pensato ad una riunione all’asilo nido (=bimbi con meno di 3 anni) nella quale l’argomento erano i morsi e le botte (tipiche peraltro dell’età), dove è intervenuto un padre sostenendo che vanno bene tutti i metodi nonviolenti e psicologici ma che ad un figlio di quella età si deve comunque insegnare anche l’autodifesa (ma se non c’ha nemmen 3 anni se è tra i più grandi e i piccini nemmen camminano, da che si deve difendere? Ok, da Peppa Pig, ne convengo ma pure se la picchia mica risolve nulla…).
Ho pensato a madri e padri che anelano per le proprie figlie futuri da veline o che le spingono gongolanti tra le braccia di giri poco raccomandabili o sordidi nascondendo dietro un sottile velo di ingenuità verso il futuro e senza evidentemente fornire loro alcun elemento (e strumento) per comprendere la pericolosità di non accorgersi di quel limite che c’è tra approfittare di una situazione per la propria “carriera” e diventare una puttana.
Potrei continuare ma tutto ciò ci avvicinerebbe sempre più a pensare che il succitato punto di non ritorno non sia invero così lontano, e invece a questo punto mi chiedo: che cazzo significa, in questo contesto storico-sociale-politico-economico, buon senso di padre di famiglia?
Buh.
Visto? Anche io alla fine me la piglio con gli italiani...
Quelli della DC, del nano, poi dei tecnici e del mio disgraziato conterraneo (per sommi capi, metteteci pure i vari prodi o d’elemi, non è questo il punto).
E ho pensato che fosse un po’ come Cane quando se la piglia con gli italiani.
Però l’articolo è scritto bene, piacevole da leggere e in massima parte condivisibile, tanto che mi ha riportato alla mente dei ricordi.
Nello specifico una delle prime volte nelle quali leggevo il Testo Unico per gli Enti Locali (che norma di tutto in materia, dall’organizzazione dei Servizi Cimiteriali alle procedure elettive, definizione delle competenze amministrative fino ai casi di scioglimento in caso di mafia o similia…).
Non rammento bene se in un articolo o in un commento ma da qualche parte c’è scritto che, in assenza di norme proprie e definite, qualora se ne presentasse la necessità, si debba agire applicando ”quelle doti normali di ragionevolezza ed avvedutezza, proprie del buon padre di famiglia”.
Caspita, sembra d’aver scoperto l’acqua calda, no?
Eppure è un concetto che sarebbe quasi perfetto, un’idea dell’amministrazione che, se si muovesse in ogni caso in questo modo, sarebbe meravigliosa, chiarissima, lampante.
Un’indicazione per ogni amministratore dello stato (dal dipendente pubblico al politico) che avrebbe bisogno di poco altro.
Poi però ho allargato la riflessione, e son tornato a pensare ai miei colleghi “padri di famiglia” citati sopra e alle loro doti alle quali ci dovremmo tutti rifare…
E purtroppo mi sono venute in mente un mucchio di brutte cose…
Ho pensato alle partite di calcio tra bambini che non arrivano al metro con i genitori sugli spalti che incitano a picchiare duro o minaccio delle peggiori cose l’arbitro.
Ho pensato al padre che ho sentito lamentarsi del camion dei pompieri regalato al figlio di tre anni sostenendo invece la perfezione di quelle pistole simil-laser che gli ha comprato lui e con le quali ha soddisfatto i suoi due infanti che ora passano il pomeriggio a gridarsi “ti ammazzo” e a spararsi per la casa (ma almeno non gli rompono i coglioni).
Ho pensato ad una riunione all’asilo nido (=bimbi con meno di 3 anni) nella quale l’argomento erano i morsi e le botte (tipiche peraltro dell’età), dove è intervenuto un padre sostenendo che vanno bene tutti i metodi nonviolenti e psicologici ma che ad un figlio di quella età si deve comunque insegnare anche l’autodifesa (ma se non c’ha nemmen 3 anni se è tra i più grandi e i piccini nemmen camminano, da che si deve difendere? Ok, da Peppa Pig, ne convengo ma pure se la picchia mica risolve nulla…).
Ho pensato a madri e padri che anelano per le proprie figlie futuri da veline o che le spingono gongolanti tra le braccia di giri poco raccomandabili o sordidi nascondendo dietro un sottile velo di ingenuità verso il futuro e senza evidentemente fornire loro alcun elemento (e strumento) per comprendere la pericolosità di non accorgersi di quel limite che c’è tra approfittare di una situazione per la propria “carriera” e diventare una puttana.
Potrei continuare ma tutto ciò ci avvicinerebbe sempre più a pensare che il succitato punto di non ritorno non sia invero così lontano, e invece a questo punto mi chiedo: che cazzo significa, in questo contesto storico-sociale-politico-economico, buon senso di padre di famiglia?
Buh.
Visto? Anche io alla fine me la piglio con gli italiani...
Quaestio subtilissima, utrum Chimera in vacuo bombinans possit comedere secundus intentiones, et fuit debatuta per decem hebdomadas in concilio Constantiensi
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Re: La democrazia senza morale
Che "cane" che sei!DaniLao ha scritto:La prima cosa che mi è venuta in mente mentre leggevo l’articolo, in effetti, è stata chiedermi dove fosse Rodotà negli ultimi 60 anni.
Quelli della DC, del nano, poi dei tecnici e del mio disgraziato conterraneo (per sommi capi, metteteci pure i vari prodi o d’elemi, non è questo il punto).
E ho pensato che fosse un po’ come Cane quando se la piglia con gli italiani.
Però l’articolo è scritto bene, piacevole da leggere e in massima parte condivisibile, tanto che mi ha riportato alla mente dei ricordi.
Nello specifico una delle prime volte nelle quali leggevo il Testo Unico per gli Enti Locali (che norma di tutto in materia, dall’organizzazione dei Servizi Cimiteriali alle procedure elettive, definizione delle competenze amministrative fino ai casi di scioglimento in caso di mafia o similia…).
Non rammento bene se in un articolo o in un commento ma da qualche parte c’è scritto che, in assenza di norme proprie e definite, qualora se ne presentasse la necessità, si debba agire applicando ”quelle doti normali di ragionevolezza ed avvedutezza, proprie del buon padre di famiglia”.
Caspita, sembra d’aver scoperto l’acqua calda, no?
Eppure è un concetto che sarebbe quasi perfetto, un’idea dell’amministrazione che, se si muovesse in ogni caso in questo modo, sarebbe meravigliosa, chiarissima, lampante.
Un’indicazione per ogni amministratore dello stato (dal dipendente pubblico al politico) che avrebbe bisogno di poco altro.
Poi però ho allargato la riflessione, e son tornato a pensare ai miei colleghi “padri di famiglia” citati sopra e alle loro doti alle quali ci dovremmo tutti rifare…
E purtroppo mi sono venute in mente un mucchio di brutte cose…
Ho pensato alle partite di calcio tra bambini che non arrivano al metro con i genitori sugli spalti che incitano a picchiare duro o minaccio delle peggiori cose l’arbitro.
Ho pensato al padre che ho sentito lamentarsi del camion dei pompieri regalato al figlio di tre anni sostenendo invece la perfezione di quelle pistole simil-laser che gli ha comprato lui e con le quali ha soddisfatto i suoi due infanti che ora passano il pomeriggio a gridarsi “ti ammazzo” e a spararsi per la casa (ma almeno non gli rompono i coglioni).
Ho pensato ad una riunione all’asilo nido (=bimbi con meno di 3 anni) nella quale l’argomento erano i morsi e le botte (tipiche peraltro dell’età), dove è intervenuto un padre sostenendo che vanno bene tutti i metodi nonviolenti e psicologici ma che ad un figlio di quella età si deve comunque insegnare anche l’autodifesa (ma se non c’ha nemmen 3 anni se è tra i più grandi e i piccini nemmen camminano, da che si deve difendere? Ok, da Peppa Pig, ne convengo ma pure se la picchia mica risolve nulla…).
Ho pensato a madri e padri che anelano per le proprie figlie futuri da veline o che le spingono gongolanti tra le braccia di giri poco raccomandabili o sordidi nascondendo dietro un sottile velo di ingenuità verso il futuro e senza evidentemente fornire loro alcun elemento (e strumento) per comprendere la pericolosità di non accorgersi di quel limite che c’è tra approfittare di una situazione per la propria “carriera” e diventare una puttana.
Potrei continuare ma tutto ciò ci avvicinerebbe sempre più a pensare che il succitato punto di non ritorno non sia invero così lontano, e invece a questo punto mi chiedo: che cazzo significa, in questo contesto storico-sociale-politico-economico, buon senso di padre di famiglia?
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Visto? Anche io alla fine me la piglio con gli italiani...
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Re: La democrazia senza morale
Eppure avevo anche messo le zampe... pardon, le mani avantiwilcoyote ha scritto:Che "cane" che sei!
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Quaestio subtilissima, utrum Chimera in vacuo bombinans possit comedere secundus intentiones, et fuit debatuta per decem hebdomadas in concilio Constantiensi