vediamo cosa succede
d'altra parte c'è anche la storia della Levi's (di Milano), uno dei miei più grandi (e banali) successi professionali grazie a quella che era una Internet Pubblica ma non pubblica.
C'è poi la storia di quella mi tradusse il significato letterale di "socc'mel", ricordo quell'istante come se fosse ieri.
Stavamo mangiando qualcosa ad un autogrill di non ricordo più bene dove. Era di quegli autogrill a ponte sull'autostrada, ti siedi ai tavoli e vedi le macchine scorrere sotto. Lei era di Bologna o studiava a Bologna, comunque sia era una persona a cui si poteva chiedere "senti, ma dimmi, cosa significa 'sto socc'mel che i bolognesi intercalano sempre?".
Eravamo al primo piatto. Erano spaghetti, al sugo credo. Forse al ragù, non ricordo bene nemmeno questo. Ma che importanza può avere? engli autogrill mangi per mangiare.
Sono molte le cose che non ricordo bene perché l'unica cosa che ricordo bene fu la sua risposta e il modo in cui la pronunciò.
Posò nel piatto la forchetta che stava portando alla bocca.
Poggiò tutte e due le mani sul tavolo.
Mi guardò fisso negli occhi e disse: "succhiamelo".
Mi son sempre chiesto il perché di quel gesto, poggiare le mani sul tavolo. Capisco il lasciare la forchetta, ma le mani? che relazione poteva mai avere quel gesto con tutto quello che avvenne dopo?
Un sguardo penetrante. Un programma. Un proclama. Un enunciato.
Ma... succhialo a chi? per un istante ebbi un giramento, non di testa ma di coglioni "vuoi vedere che questa è una trans o qualcosa di simile e non me ne sono nemmeno accorto?"
Non poteva essere. Troppo graziosa e bella parea quanto sgnocca era.
Erano i tempi in cui era attivo il mostro di Firenze. E ora ricordo. L'autogrill doveva essere tra Bologna e Firenze o poco dopo o forse, poco prima di Bologna.
Lo ricordo perché il viaggio quella notte finì a casa di lei, tra Firenze e Arezzo. Una bella casa di campagna avvolta bel buio. Io cercai di quagliare nel momento in cui mi disse "fermati qui", subito dopo aver varcato il cancello, all'inizio del viale. Era tutto buio.
Ma lei mi fermò subito, "no, qui no, può essere pericoloso. Andiamo, dormi da me".
Ecco perché ricordo che erano i tempi del mostro di Firenze.
Il viaggio era stato lungo. Lei poi c'aveva una chiacchiera peggio della mia, ma laconica e sintetica, direi fulminea, nel modo e nei tempi, quando necessario.
Quel succhiamelo avrebbe dovuto farmelo intuire da subito. E invece io avevo impiegato un bel po di tempo prima di capire che era stata soltanto una traduzione letterale. Un traduzione innocente, vera, essenziale. Sparata senza sprecare un secondo in più del necessario.
Ma lo sguardo no. Rimase lì a lungo verso di me.
Ricordo tutto di quel momento ma non dove io avessi la forchetta, se l'avevo posata nel piatto anch'io. Poco probabile, non potevo immaginar la risposta che stava per arrivare.
Non ricordo se mi stavo inforcando la bocca o addirittura stessi oscenamente masticando spaghetti e sugo, forse qualche pezzetto di carne macinata (e allora vorrebbe dire che non c'era il basilico).
Ricordo solo il silenzio. Il mio e il suo. Era rimasto solo quello sguardo.
E io non avevo ancora capito nulla.
Ma se stavo masticando poteva esserci davvero silenzio in me? oh! il potere di uno sguardo!
Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme.
(Charles Bukowski)