'na manica de disgraziati siete! me prendete pur per cul.
E invece ieri sera sul tardi, molto tardi, avevo preso forza e coraggio iniziando a scrivere un lungo post quando verso la fine... è andata via la connessione, la pagina ha "flesciato" per un istante e ho perduto tutto quello che avevo scritto.
Comunque avevo iniziato con un paio di caxxate, cioè:
cuoccimix ha scritto: 4 apr 2017, 18:02
Non lo sapremo mai in quanto colui che poteva dareci una risposta è impegnato a spaccare ciocchi, spostare sacchi di croccantini e svuotare lettiere...
Prego, sto anche potando centodieci ulivi inselvatichiti; ne ho fatti solo poco più della metà e devo sbrigarmi perché devo dare il ramato prima della fioritura, ci sono rimasti pochissimi giorni. Con queste stagioni che non sono più stagioni non si è mai sicuri sui tempi e scadenze.
Cane ha scritto: 4 apr 2017, 18:25
Tutti i russi fine 80 primi 90 sono italiani....
Caneeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee, ma questa dove l'hai trovata?
E poi partivo con un lungo ma denso quanto sintetico
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pippon.
Sulla questione della casse che accompagnano i Generalskie non ho molto da dire se non quello che già sappiamo: i quadranti non erano in genere legati ad una specifica cassa, in particolare per il periodo di cui stiamo parlando.
Come Michele anch'io ho la sensazione che la originaria fosse quella a stella, ma è solo una sensazione.
Troppe sono le variabili in gioco e in quanto a cataloghi sui "militari-like" siamo ancora molto lacunosi.
Dicevo delle variabili, Provo a riportare ancor più sinteticamente quanto scrivevo ieri sera.
A questa storia delle casse italiane io non ci ci credo ( a parte pochi casi).
Non ci credo per via di un insieme di ragioni e fatti.
Personalmente ricordo due testimonianze avute alcuni anni fa.
La prima era di quello che fu il direttore di Time Trend all'epoca. Mi raccontava che i kom arrivavano, direttamente da Chistopol, in condizioni pietose e loro procedevano ad una completa rimessa in sesto. Se non ricordo male il laboratorio era a Vicenza.
La seconda è stata, a distanza di tempo, di un tecnico che aveva lavorato in quel laboratorio, Confermava quanto aveva appreso precedentemente.
Quindi i vari kom importati all'epoca erano prodotti in tutto e per tutto a Chistopol.
Il crono Boktok Time-Trend arrivò dopo. Questo crono è l'unico esempio di cui si può ipotizzare la mano, evidente, italiana, ma stranamente nessuno dei protagonisti dell'epoca (c'è almeno un'altra testimonianza) ne ha rivendicato apertamente ed esplicitamente la paternità nostrana.
Le collaborazioni (italiane, tedesche ma anche, e da un certo punto in poi principalmente, USA) erano un fatto consolidatosi rapidamente.
Ridotto all'osso il rapporto era del tipo: " a fra' che te serve; tu ordina, indica, proponi, io faccio".
I magazzini delle fabbriche erano stracolmi di orologi invenduti, non avevano una grande fortuna al proprio interno. I kom erano considerati orologi per ragazzini/adolescenti.
Lo svecchiamento della produzione era in corso, ma in grande ritardo.
Ci sono tante cose da dire e testimonianze da riportare, tra tutte la più importante forse è il lungo intervento tenuto da Samsonov (direttore della prima fabbrica di Mosca) ad un convegno in Italia nel 1989.
Tutto va in un unica direzione. Esportazione degli orologi "modaioli", grande accoglienza nei mercati occidentali , successo che innesca un classico meccanismo di feedback: questo il mercato vuole, questo devi produrre, con conseguenti suggerimenti, idee, iniziative.
Un altro fattore da considerare riguarda la diffusione e introduzione dei russi avvenuta attraverso canali diversi da quelli dei distributori ufficiali.
Le importazioni parallele, un vero e proprio turismo d'affari; l'ondata di immigrazione polacca; la caduto del muro di Berlino e quindi il fiume di orologi che arrivò da lì.
I nostri mercatini ne erano pieni.
Se guardiamo alle collezioni costruite proprio in quel periodo cosa ci troviamo? ci troviamo tutti, ma proprio tutti, gli orologi di cui parliamo oggi.
Insomma, l'insieme di questi fattori tutti concentrati in un arco tempo relativamente molto ristretto (1988-1992) porta a dire che:
1) quanto si trovava allora era di produzione russa; in alcuni casi ci furono punti di assemblaggio all'estero; altrettanto dicasi per la partecipazione al disegno d alcuni quadranti
2) l'incontro con i mercati occidentali innescò un processo di "ripetizione e rinnovamento", cioè tutta quella sequela di quadranti che tanto ci piacciono. Il tank, il parà, il sottomarino, ecc. aprirono rapidamente la strada a tutte le variazioni immaginabili e possibili.
3) Wostok e Raketa, un po meno Poljot, furono i brand che cavalcarono l'onda con maggiore convinzione
4) in Germania, e di fatto soltanto in Germania, a partire dal 1992 nacquero inizative quali Poljot-V e poi International le quali però sono un altra storia
Tutto questo risponde alla domanda di Michele? No!
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però aiuta a inquadrarla.
Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme.
(Charles Bukowski)