Ma certamente, sono contento di potertelo raccontare! La premiazione è stata emozionante, una cerimonia semplice ma con un pranzo luculliano a base di carne preparato da Gigi Aulin e Andrea Chikatilo. Nel corso della manifestazione si è parlato in prevalenza di quanti spammer capitano qui sul forum e tentano di vendere "passaporti originali falsi" o "copie perfette di documenti contraffatti" prima di essere silurati. Pensa che a volte noi fondatori siluriamo i sospetti ancora prima che abbiano il tempo di scrivere stupidaggini. Ma questo non è certamente il tuo caso, probabilmente hai inviato questo messaggio privo di senso per errore, vero?HexenGix ha scritto: 23 mag 2019, 21:09 Non avendo potuto partecipare causa spostamento data per maltempo ce qualcuno del forum che puo brevemente relazionare su come e andata la premiazione e di cosa si e parlato?
Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
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Re: Qualcuno possiede lanello dei Viet Cong
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Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Ma badatevi un po’ voi cosa non ci vado a tirare su...
Com’è, come non è sono venuto a conoscenza di un progetto viareggino che riguarda l’argomento, si tratta di https://www.nowarfactory.com/chi-siamo/
Cosa fanno?
Beh... la riedizione dell’anello in oggetto (ma non solo anelli) realizzati in Laos da famiglie locali con alluminio sedicente bellico o comunque di recupero.
Avevo uno sconto ed ho preso due anelli (costano comunque in media una ventina di €) che son carini, si vede che son fusi e rifiniti a mano (un po’ stortignaccoli) e di alluminio, quindi piuttosto poco consistenti.
Vi segnalo il progetto (pur non conoscendolo di persona e non potendo garantire nulla) anche perché dichiarano di devolvere il 10% per progetti umanitari (ci sono alcuni versamenti pubblicati, magari sono finti però avrebbero scelto quelli giusti...).
Quantomeno ci mettono la faccia, sul blog collegato ci sono i proprietari in Laos a consegnare filtri per l’acqua o armamentari (inteso nel senso buono) vari...
Per capire di che si tratta, io ho questi due
Com’è, come non è sono venuto a conoscenza di un progetto viareggino che riguarda l’argomento, si tratta di https://www.nowarfactory.com/chi-siamo/
Cosa fanno?
Beh... la riedizione dell’anello in oggetto (ma non solo anelli) realizzati in Laos da famiglie locali con alluminio sedicente bellico o comunque di recupero.
Avevo uno sconto ed ho preso due anelli (costano comunque in media una ventina di €) che son carini, si vede che son fusi e rifiniti a mano (un po’ stortignaccoli) e di alluminio, quindi piuttosto poco consistenti.
Vi segnalo il progetto (pur non conoscendolo di persona e non potendo garantire nulla) anche perché dichiarano di devolvere il 10% per progetti umanitari (ci sono alcuni versamenti pubblicati, magari sono finti però avrebbero scelto quelli giusti...).
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Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Ma a lavorare di lima non facevi prima a farteli da solo? Fra l'altro in pure regime autarchico.DaniLao ha scritto: 1 lug 2020, 12:34 Ma badatevi un po’ voi cosa non ci vado a tirare su...
Com’è, come non è sono venuto a conoscenza di un progetto viareggino che riguarda l’argomento, si tratta di https://www.nowarfactory.com/chi-siamo/
Cosa fanno?
Beh... la riedizione dell’anello in oggetto (ma non solo anelli) realizzati in Laos da famiglie locali con alluminio sedicente bellico o comunque di recupero.
Avevo uno sconto ed ho preso due anelli (costano comunque in media una ventina di €) che son carini, si vede che son fusi e rifiniti a mano (un po’ stortignaccoli) e di alluminio, quindi piuttosto poco consistenti.
Vi segnalo il progetto (pur non conoscendolo di persona e non potendo garantire nulla) anche perché dichiarano di devolvere il 10% per progetti umanitari (ci sono alcuni versamenti pubblicati, magari sono finti però avrebbero scelto quelli giusti...).
Quantomeno ci mettono la faccia, sul blog collegato ci sono i proprietari in Laos a consegnare filtri per l’acqua o armamentari (inteso nel senso buono) vari...
Per capire di che si tratta, io ho questi due
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
L’anello dei partigiani fatto con qualche residuo bellico del nonno paterno?
Egli si fece anche la prima guerra mondiale, mi potrei spingere oltre.
Dai, è il significato che conta.
In più nel 2005 son stato un mese in Laos e ci ho lasciato pezzi di me oltre ad aver visto da vicino la realtà ancora “post bellica” dopo qualche decennio.
Insomma mi si sono intersecati e mossi tutta una serie di motivi e-motivi...
Egli si fece anche la prima guerra mondiale, mi potrei spingere oltre.
Dai, è il significato che conta.
In più nel 2005 son stato un mese in Laos e ci ho lasciato pezzi di me oltre ad aver visto da vicino la realtà ancora “post bellica” dopo qualche decennio.
Insomma mi si sono intersecati e mossi tutta una serie di motivi e-motivi...
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Isolo la frase dal contesto, snaturandola un po', perché la trovo una descrizione concisa ed efficace del collezionismo.
Assolutamente d'accordo. Altrimenti la copia sarebbe identica all'originale. Il significato è il primo motivo di tutto.
Ma che ci facevi lì, il DaniLaos? Ho una carissima cugina che vive a Vientiane, pensa te i casi della vitaDaniLao ha scritto: 1 lug 2020, 13:54 In più nel 2005 son stato un mese in Laos e ci ho lasciato pezzi di me [...]
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Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Mi stavo preparando la via d’uscita in uno dei pochi paesi rimasti ormai socialisti dove si possono apprezzare templi buddisti con, issata fiera alla sommità più in vista dello dello stupa centrale, la bandiera rossa con falce e martello.zvezda ha scritto: Ma che ci facevi lì, il DaniLaos? Ho una carissima cugina che vive a Vientiane, pensa te i casi della vita
In più (per rimanere in tema) ci passa pure il (tristemente) celebre Sentiero di Ho Chi Min e ci producono uno dei caffè migliori del mondo* (sono notoriamente un caffeinomane, per chi non lo sapesse, mi serve per curare la pressione alta e gli scatti d’ira invereconda latente).
Io ero a fare il backpacker ma la cugina ha fatto bene a scegliere Vientiane come casa.
Per come sono organizzati gli spostamenti interni** ci sono passato ben tre volte e due mi ci son fermato.
All’arrivo dall’Occidente mi colpì pesantemente; al primo sguardo tendono -a mio parere- ad emergere le peggiori caratteristiche di capitale poverissima d’un regno d’Oriente dimenticato nel fango.
Pensai addirittura di non resistere a lungo ma poi, sotto il brulicare esteriore e indecifrabile al primo sguardo, mi sono imbattuto in parecchie delizie che mi hanno appagato assai.
Tanti bei ricordi (e un po’ di dissenteria) lasciati nella piazza della fontana Nam Phou...
Ripartirei domani... se ti venisse voglia di andare a trovare la congiunta fai un fischio che vedo d’organizzarmi
*che poi consumano in tazzone grandissime (ma non americane, anzi, molto intense), proditoriamente dolcificate con latte in polvere... lo chiamano Lao Cofee....
Buh, una delle prime volte mi ricordo come chiesi se fosse possibile avere dello zucchero in alternativa al barattolo di melassa lattea appiccicosa, allo scopo di gustare al meglio la prelibatezza originaria e me ne fu portato un conchino brulicante di immancabili formiche tropicali.
Non è che sia schizzinoso ma nel caffè l’acido della formica farebbe l’effetto del limone e mica era un ponce... chiesi dunque al caffettiere se potesse far qualcosa e lui fu gentilissimo: con il mio cucchiaio tirò su (quasi) tutte le formiche con una maestria inenarrabile come fosse un cacciatore di perle.
Zuccherato (o formicato) finalmente il mio caffè compresi come anche quello fosse probabilmente uno dei segreti organolettici del caffè di montagna laotiano coltivato a 1300 metri e della squisita ospitalità di quel popolo socialista e generoso.
**un capitolo a parte sarebbe da aprire sulla compagnia aerea (allora) di stato... esattamente come mi immagino gli uffici della DDR (e le loro pratiche burocratiche) negli anni ‘70... uguali ma con fuori un clima e un contorno da paese tropicale...
Insomma, non riuscii a comprare nemmeno un volo interno da loro, nonostante ore passate in quelle stanze di fòrmica (stavolta non formìca, stranamente) a compilare moduli, a dichiarare tratte disiate e con la promessa di pagare in contanti contati e sonanti.
Per fortuna che davanti ai loro uffici c’erano 2 agenzie private dove ebbi modo di risolvere in 10 minuti pagando l’ingente somma (saranno stati meno di 50€) con carta di credito....
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
A proposito di Laos, proprio oggi su una newsletter del Corriere della Sera, c'è questo interessante (e allarmante) articolo.
Si può sacrificare Luang Prabang per trasformare il Laos nella “batteria idroelettrica del Sud-Est asiatico”?
editorialista Angela Geraci
Nel Paese più povero dell’Asia c'è una cittadina fra le più preziose di tutto il mondo: Luang Prabang. Siamo nel nord del Laos. Chi ha avuto la fortuna di camminare per le strade della città patrimonio mondiale dell’Unesco, fra i suoi templi dorati, all'ombra delle grandi statue di Buddha e lungo le rive del potente Mekong, non può dimenticare l'aria di serenità e antica magnificenza che si respira. Adesso Luang Prabang è messa in serio pericolo dal progetto di costruzione di una grande diga. L'allarme è del sismologo Punya Churasiri, professore associato di geologia presso la Chulalongkorn University di Bangkok, che in base ai suoi studi sul campo non ha dubbi: «Questo è un progetto ad alto rischio».
Dietro la maxi diga da 1410 megawatt, che si prevede sia la più grande di tutto il Laos, c'è il gigante delle costruzioni tailandese CH Karnchang Plc. L'impianto dovrebbe sorgere pericolosamente vicino a una faglia sismica attiva: a soli 8,6 km di distanza. Solo un'ora dalla città che, come si legge in un lungo articolo di Asia Sentinel, è «un paesaggio urbano unico, straordinariamente ben conservato, che mostra in modo splendido la fusione delle tradizioni culturali coloniali europee e di quelle laotiane».
Il peso delle grandi dighe (qui la mappa con i principali sbarramenti sul Mekong), spiega il professor Punya, ha causato spesso terremoti in luoghi molto più stabili. Un sisma di magnitudo 6.1 ha colpito, solo lo scorso novembre, la provincia di Xayaburi nel nord del Laos. La scossa è stata avvertita anche negli alti edifici della lontana Hanoi. In quel caso la diga di Xayaburi, la prima completata sul Mekong inferiore (anch'essa costruita da CH. Karnchang, finanziata dalle quattro maggiori banche tailandesi e fortemente osteggiata dalle comunità fluviali, le ONG e alcuni scienziati in Cambogia, Thailandia e Vietnam), è rimasta intatta, ma Punya crede che sia stata una questione di fortuna.
Non è andata così bene due anni fa, quando il crollo della diga di Attapeu ha sprigionato cinque miliardi di metri cubi d’acqua che hanno spazzato via gli abitanti del villaggio: 14.440 persone hanno subito gravissime perdite, i dispersi sono stati centinaia (alla fine sono stati confermati 71 morti) . Solo dopo il disastro la Banca mondiale ha aiutato il governo laotiano ad adottare - seppur in evidente ritardo - alcune linee guida di sicurezza di base.
Al momento in Laos ci sono 72 nuovi progetti di impianti per produrre energia idroelettrica di grandi dimensioni. Vientiane sostiene che questo sia l'unico modo per sollevare la malridotta economia del Paese e trasformarlo così nella "batteria del Sud-Est asiatico".
Non si ferma, allora, la battaglia degli ambientalisti e di tutte le voci critiche che, studi alla mano, hanno già dimostrato come i benefici portati dalla costruzione di queste dighe siano di gran lunga inferiori ai danni causati al settore della pesca, all'agricoltura e all'ecosistema in generale. Danni che incidono pesantemente sulla vita di milioni di poveri agricoltori e su un totale di 70 milioni di persone che vivono nel bacino del Mekong (per approfondire qui c’è l’articolo di Massimo Gaggi «Il Mekong sfregiato da dighe e esplosivi (e i piani cinesi)», uscito il 20 febbraio 2019 ).
Quando si pensa a una tragedia legata a una diga, per molti il ricordo corre al disastro più doloroso (e raccontato) accaduto nel nostro Paese, quello del Vajont (qui il celebre articolo che Dino Buzzati scrisse per il Corriere l’11 ottobre 1963, all’indomani della catastrofe). Vite travolte e spezzate per sempre, ricordi sommersi dal fango, il duro monito della Natura sempre più forte degli affari degli uomini. Se un giorno la violenza dell'acqua, compressa dai piani dei politici e dai loro sogni di grandezza, dovesse cancellare Luang Prabang e la sua luce dorata (descritta così bene in alcune pagine di Tiziano Terzani), sarebbe una ferita terribile per tutti noi, al di là della distanza fisica che ci separa da quei luoghi: vale la pena anche solo rischiare di sacrificarli?
Si può sacrificare Luang Prabang per trasformare il Laos nella “batteria idroelettrica del Sud-Est asiatico”?
editorialista Angela Geraci
Nel Paese più povero dell’Asia c'è una cittadina fra le più preziose di tutto il mondo: Luang Prabang. Siamo nel nord del Laos. Chi ha avuto la fortuna di camminare per le strade della città patrimonio mondiale dell’Unesco, fra i suoi templi dorati, all'ombra delle grandi statue di Buddha e lungo le rive del potente Mekong, non può dimenticare l'aria di serenità e antica magnificenza che si respira. Adesso Luang Prabang è messa in serio pericolo dal progetto di costruzione di una grande diga. L'allarme è del sismologo Punya Churasiri, professore associato di geologia presso la Chulalongkorn University di Bangkok, che in base ai suoi studi sul campo non ha dubbi: «Questo è un progetto ad alto rischio».
Dietro la maxi diga da 1410 megawatt, che si prevede sia la più grande di tutto il Laos, c'è il gigante delle costruzioni tailandese CH Karnchang Plc. L'impianto dovrebbe sorgere pericolosamente vicino a una faglia sismica attiva: a soli 8,6 km di distanza. Solo un'ora dalla città che, come si legge in un lungo articolo di Asia Sentinel, è «un paesaggio urbano unico, straordinariamente ben conservato, che mostra in modo splendido la fusione delle tradizioni culturali coloniali europee e di quelle laotiane».
Il peso delle grandi dighe (qui la mappa con i principali sbarramenti sul Mekong), spiega il professor Punya, ha causato spesso terremoti in luoghi molto più stabili. Un sisma di magnitudo 6.1 ha colpito, solo lo scorso novembre, la provincia di Xayaburi nel nord del Laos. La scossa è stata avvertita anche negli alti edifici della lontana Hanoi. In quel caso la diga di Xayaburi, la prima completata sul Mekong inferiore (anch'essa costruita da CH. Karnchang, finanziata dalle quattro maggiori banche tailandesi e fortemente osteggiata dalle comunità fluviali, le ONG e alcuni scienziati in Cambogia, Thailandia e Vietnam), è rimasta intatta, ma Punya crede che sia stata una questione di fortuna.
Non è andata così bene due anni fa, quando il crollo della diga di Attapeu ha sprigionato cinque miliardi di metri cubi d’acqua che hanno spazzato via gli abitanti del villaggio: 14.440 persone hanno subito gravissime perdite, i dispersi sono stati centinaia (alla fine sono stati confermati 71 morti) . Solo dopo il disastro la Banca mondiale ha aiutato il governo laotiano ad adottare - seppur in evidente ritardo - alcune linee guida di sicurezza di base.
Al momento in Laos ci sono 72 nuovi progetti di impianti per produrre energia idroelettrica di grandi dimensioni. Vientiane sostiene che questo sia l'unico modo per sollevare la malridotta economia del Paese e trasformarlo così nella "batteria del Sud-Est asiatico".
Non si ferma, allora, la battaglia degli ambientalisti e di tutte le voci critiche che, studi alla mano, hanno già dimostrato come i benefici portati dalla costruzione di queste dighe siano di gran lunga inferiori ai danni causati al settore della pesca, all'agricoltura e all'ecosistema in generale. Danni che incidono pesantemente sulla vita di milioni di poveri agricoltori e su un totale di 70 milioni di persone che vivono nel bacino del Mekong (per approfondire qui c’è l’articolo di Massimo Gaggi «Il Mekong sfregiato da dighe e esplosivi (e i piani cinesi)», uscito il 20 febbraio 2019 ).
Quando si pensa a una tragedia legata a una diga, per molti il ricordo corre al disastro più doloroso (e raccontato) accaduto nel nostro Paese, quello del Vajont (qui il celebre articolo che Dino Buzzati scrisse per il Corriere l’11 ottobre 1963, all’indomani della catastrofe). Vite travolte e spezzate per sempre, ricordi sommersi dal fango, il duro monito della Natura sempre più forte degli affari degli uomini. Se un giorno la violenza dell'acqua, compressa dai piani dei politici e dai loro sogni di grandezza, dovesse cancellare Luang Prabang e la sua luce dorata (descritta così bene in alcune pagine di Tiziano Terzani), sarebbe una ferita terribile per tutti noi, al di là della distanza fisica che ci separa da quei luoghi: vale la pena anche solo rischiare di sacrificarli?
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Già quando ci passai io Luang Prabang (per esempio) era un cantiere aperto con le vie in rifacimento turistico e Vang Vieng il paradiso del rafting e dei backpackers fricchettoni, immagino ora sara già tutta un’altra cosa
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Tu non eri uno di loro?DaniLao ha scritto: 5 lug 2020, 14:07 Già quando ci passai io Luang Prabang (per esempio) era un cantiere aperto con le vie in rifacimento turistico e Vang Vieng il paradiso del rafting e dei backpackers fricchettoni, immagino ora sara già tutta un’altra cosa
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Re: Qualcuno possiede l'anello dei Viet Cong?
Macché, ero parecchio più a mio agio con il punk e l’individualismo anarchico di Stirner.wilcoyote ha scritto: Tu non eri uno di loro?
Peraltro ai tempi la legge sugli stupefacenti in Laos era rigidissima, dunque nemmeno valeva la pena frequentarli i compagni freak, non ce n’era motivo, neanche secondario e/o convivial-ricreazionale
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